Frase del giorno

scritto da Sanfedista il 26 ottobre 2010,23:22
La sigaretta col freddo è come vedere Frank Sinatra al Carnegie di New York. Fumare d'estate è come Frankie a Las Vegas.
A voi la scelta.


Io sto con Terzigno

scritto da Sanfedista il 23 ottobre 2010,18:51
Capisco la polizia, sono di destra estrema, capisco pure quelli che dal nord continuano a mandare strali e polemizzare, sono stronzi. Ma voi capite quelli di Terzigno, non difensore destro o sinistro alla brasiliana, il comune. Che con una bella discarica gliene stanno facendo aprire un'altra. E che cazzo un po' per uno, no? Per il resto la volgarità delle immagini è paragonabile alla volgarità delle intenzioni dell'amministrazione. I giornali un pianto. Chi protesta in Italia, chiunque, ha sempre torto ormai. Nessuno più manifestare. Quando lo si fa, gli altri fanno a gara per prendere le distanze? Ma che paese siamo diventati? Guardate la Francia, mi duole l'esempio, ma i giovani, i giovani manifestano contro la riforma delle pensioni. Questa è coesione, questa è solidarietà sociale. Pecore e dovremmo essere tigri.



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Meno violenza, più guerre!

scritto da Sanfedista il 14 ottobre 2010,22:18
Siamo in un Paese in fortissima crisi, quella economica è quella che personalmente preoccupa meno. Alle soglie dei 150 anni della disgraziatissima Unità – ora c'è e non la discutiamo – l'Italia s'imbastardisce per stagnazione di sangue. Odio parlare di cronaca, odio scriverne. Stavolta però mi è funzionale al discorso. Avetrana, Roma Anagnina, tassista di Milano. Nell'ordine: uno zio rapisce, strangola e violenta da morta una nipote minorenne, un ragazzo dopo piccole beghe alla biglietteria, in attesa di prendere un convoglio, piazza un diretto in pieno volto ad una donna, che stramazza a terra; un tassista meneghino mette sotto un cane, scende per soccorrerlo, trova proprietaria, fidanzato, amica, fidanzato dell'amica che lo crepano di botte. C'è anche altro. Tifosi Serbi, in slanci vitali rompono il sacro calcio. Come violentare nell'antica Roma una Vestale.

Il gesto serbo mi è piaciuto. Senso di gruppo, affratellamento violento, sovversione. Vittoria. Hanno fatto quello che volevano in un mondo in cui la libertà è talmente un concetto retorico che pur di non dar fastidio all'altro non saremo più in liberi. Non di fare qualcosa, non saremo più liberi e basta.

Tornando al principio il problema sono le violenze, le piccole, misere, squallide violenze succitate. Siamo in grado solo di produrre bieche violenze personali. Neanche mosse da chissà quali vendette, odi. Libidine nel primo caso, rabbia istantanea nel secondo, addirittura contenzioso stradale per il terzo.

Ma dove sono le smodate stragi? Le bombe per le ideologie? I mitragliatori? Anche le mafie ammazzano per la droga, prima ammazzavano per soldi e per l'onore, malato, distorto, ma comunque cercavano cause superiori per giustificare i delitti.

Se ci fosse una guerra, una grande guerra. Di trincea, di sfinimento, di bombe, di arti saltati, di fame, di latrine in comune, dove per "latrine in comune" intendo cessi condivisi, non cattivi amministratori locali, quelli li abbiamo, bene si riavrebbe il senso della misura. Ci si affezionerebbe alla politica e si apprezzerebbe nuovamente un valore come la vita e non la vita come quantificazione di produttività. Vogliamo guerre, vogliamo sangue che scorre a fiumi, vogliamo potature per nuovi rami. Oppure, se non ce la sentiamo non scandalizziamoci per questa violenza, non aggrottiamo le fronti, non lamentiamoci per il lavoro che manca, per i salari bassi, per i laureati a spasso. Perché meritiamo quello che abbiamo, perchè subiamo passivamente, taciamo, deleghiamo le scelte senza picchettare, senza controllare. Non protestiamo. Ben vengano i serbi che con slancio bergsoniano (dal filosofo Bergson) urlano la loro rabbia e raddrizzano il mondo che vivono alla loro volontà. Con buona pace degli altri spettatori, davvero tali.




Frase del giorno

scritto da Sanfedista il 4 ottobre 2010,21:57
…quando abbiamo tutto non resta che desiderarne ancora…qualcuno mi disse: nel dubbio esagera.


La mia prima macchina

scritto da Sanfedista il 17 settembre 2010,01:04
Non sono stato promosso subito all'esame di guida. Fui bocciato alla teoria una volta. In quel periodo in realtà non ero molto promosso in genere. A legge claudicavo, un professore mi consigliò di cambiare facoltà, e il tempo lo gestivo con la foga di chi aveva molto tempo ed aveva molte cose da sperimentare. Avevo una buona disponibilità di soldi, mio padre per i 18 anni mi aveva aperto un conto in banca con 10 milioni di lire, staccavo per ogni cosa assegni. Mi faceva sentire un professionista della vita. Avrei imparato solo dopo ad usare la carta di credito. Non avevo una macchina. Non avevo la patente. Presi la patente, come dicevo, al secondo tentativo. Telefonai subito a casa dopo l'esame andato bene. Mia mamma se ne rallegrò. Mio padre mi rispose che avrei fatto meglio ad impegnarmi nel diritto privato. Non aveva torto, mi rimisi l'anno dopo in qualche modo in regola e mi laureai a 24 anni.

Avevo da poco incominciato a fumare. Da sempre pensavo che non c'era nulla di meglio che fumare in macchina guidando in autostrada. Magari al tramonto, con la radio e i finestrini aperti. Lo desideravo, ed io nella mia vita ho cercato sempre, lo faccio tutt'ora, di realizzare i miei stereotipi personali più che ragionare su grandi progetti. Ho sempre voluto vivere per raggiungere piccoli stati d'essere, brevi scene teatrali immobili in cui calarmi, cercando di guardarmi dall'esterno. Essere per un secondo autore, attore e spettatore esterno. Ci sono sempre riuscito. Scrittore notturno con sigaretta. Silenzioso spettatore di un tramonto agli antipodi. Interprete di frasi ad effetto durante una cena affollata. Impacciato fidanzato. Tifoso a una finale. Padre di famiglia sorridente abitante di una casa luminosa una domenica mattina, su questo ci lavoro alacremente. Sono centinaia.

Avevo bisogno di una macchina. Scelsi la via più insolita. Avevo soldi. Avrei potuto prendere una golf nuova o un'Audi A3. A diciott'anni era comunque un gran bel guidare. Perlomeno per la buona borghesia a cui ho sempre appartenuto e di cui sono uno scettico sostenitore. Comprai una Volkswagen Corrado. Automobile che ebbe nella sua storia un successo limitatissimo. Per i costi di gestione elevati, per le soluzioni tecniche raffinate e quindi delicatissime. Duemila sedici valvole. Consumava come una portaerei. Ovviamente benzina, mai avuto auto diesel. La comprai e neanche l'andai a ritirare, il giorno della consegna avevo la febbre. Me la portarono sotto casa. Scesi, aprii il tettuccio e misi in moto. Da solo per Napoli. Tragitto ancora ineguagliato. Musica, sigaretta e finestrini aperti. Non raggiungevo la libertà, quella assoluta mi ha sempre spaventato un po' e trovo che sia un concetto troppo borghese, raggiungevo il mio primo grande, desiderato stereotipo. In due occasioni ho rischiato la morte con quella macchina, in mille altre mi ha lasciato a piedi. Disastroso impianto elettrico, davvero terribile. Ho avuto altre automobili. Altre 3. La amo ancora. Blu notte, con le marce dure e col motore che surriscaldandosi faceva diventare il piccolo abitacolo della coupé rovente. L'ho amata almeno quanto mi sono amato possedendola. Canzone sempre messa in ogni cd da macchin, inno ufficiale, "If I ever feel better" dei Phoenix. Ora gli dedicherei "Non ti scordar mai di me" colonna sonora del mio grande amore, del mio prossimo infinito stereotipo. L'ho venduta e sono sicuro che mi cerca ancora, magari mutata in qualche pezzo, trasformata in ferro che ho maneggiato trasformato in altro oggetto. Un I-Pad, un posacenere girevole, in litio che ho assunto e che mi ha fatto innamorare quella sera della mia donna. In arsenico che ho bevuto in acqua contaminata finita in falda, filtrando da uno scasso, e che mi ha reso per un giorno un po' più folle. Nel giorno giusto. L'ho amata e penso che la sua presenza sia in ogni cosa buona, come Dio per Eraclito o Spinoza.


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Il Ritorno

scritto da Sanfedista il 6 settembre 2010,21:26
E si ritorna con tutta la malinconia di chi ha trovato quello che desiderava. Ho rimesso la sveglia e contestualmente ho riaddormentato le passioni. Le giornate s'accorciano e diventano solo 3: venerdì pomeriggio, sabato e parte della domenica.



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De AESTATE – Rosamunde Pilcher, disgrazia

scritto da Sanfedista il 4 agosto 2010,21:48

Quando accendendo la tv di pomeriggio mi si para davanti il solito film tv ambientato in Germania, in cui il manager spietato di Francoforte tornando con la sua 911 turbo al paesello della sua infanzia, quasi investe la fioraia che si scopre essere il suo grande amore adolescenziale nonché una convinta no-global biologica che poi sposerà lasciando lavoro e l’odiosa figlia del presidente della sua GmbH mi rendo conto che siamo in estate.

L’asse del male ha ancora vinto. La mente malata di Rosamunde Pilcher tradotta in film tv dai crucchi è tornata e non ci sarà scampo. Più forte di Fini e delle presunte beghe con Berlusconi (che poi si parla di questione morale e Gianfranco si allea con il plurinquisito Lombardo), più forte delle teche Rai, dei mondiali di atletica e delle amichevoli precampionato, titoli della Pilcher come “Solistizio”, “Aprile”, “I cercatori di Conchiglie”, trovano vita in tv nella campagna tedesca con colori saturatissimi e fotografia nitidissima.

La trama è sempre la stessa: amori controversi. La fine è sempre uguale: amori felici. Ma che palle.

No non sono così cattivo, rifatevi gli occhi con il Re e buone vacanze, ci rivediamo a settembre.

 

Perdersi in un bicchiere d’acqua

scritto da Sanfedista il 28 luglio 2010,19:34

Secondo l'Università agli Studi di Mirabilandia:


Il bicchiere d'acqua è il cocktail più famoso del mondo. Tuttavia, se non si possiede sufficientemente esperienza e dimestichezza, il travasamento del liquido e la relativa assimilazione può trasformarsi in un'azione complicata e potenzialmente disastrosa.

La corretta preparazione di un bicchiere d'acqua si compone di due fasi principali, attiva e passiva. Entrambe le fasi sono fondamentali, non è possibile invertirne l'ordine, nè saltare una di queste.
Pena: la disidratazione.

In questa prima parte cercheremo, passettino dopo passettino, di trasferire un po' d'acqua dalla bottiglia all'interno del bicchiere, senza utilizzare gru o altri congegni meccanici, ma solamente le vostre mani!

 

  • Aprite la bottiglia. Se rimane chiusa, è impossibile far uscire del liquido. Per farlo, esercitate una leggera pressione sul tappo onde svitarlo, altrimenti bucate il contenitore.
  • Se la bottiglia si è aperta con successo, possiamo iniziare a versarla. Sollevate il contenitore e inclinatelo di pochi gradi in avanti, verso il bicchiere vuoto. Con immenso stupore, per effetto della legge di Torricelli e della fluidodinamica, noterete che il liquido contenuto nella bottiglia si sposterà da solo dal contenitore al bicchiere. Può sembrare magia, ma questa è scienza.
  • Certo, occorre della buona mira per centrare esattamente il bicchiere! Ma un po' di esperienza vi garantirà la scioltezza dei movimenti.
  • Arrivati a questo punto, occorre dosare le quantità. "In genere", è bene riempire il calice intorno al 70-75%, ma non è un limite tassativo, può variare a seconda delle dimensioni della sete o del bicchiere. L'importante è non superare il 100% del volume, poichè l'acqua, in questo caso, tracimerebbe dalla brocca, combinando un disastro.
  • Non è necessario che calcoliate le percentuali con un dosatore professionale, è sufficiente andare "ad occhio" e soprattutto fermarsi quando il liquido ha già riempito completamente il contenitore!


 

 

 

Frase del Giorno

scritto da Sanfedista il 21 luglio 2010,01:11
C'è sempre un po' di delusione quando sentiamo una frenata e basta. Quando c'è lo scontro invece che segue la frenata, subito prima della paura, proviamo un senso di liberazione primordiale, come se fossimo divinità: indovini che sapevano che una qual cosa sarebbe successa.

La peggiore generazione di sempre

scritto da Sanfedista il 15 luglio 2010,01:08
Ma non costruiamo più i monumenti ai caduti. Prima ogni strada aveva il suo bel palazzo con la sua bella targa. C'era scritto "Quvi nacque Giacinto Franzo De Liceiis, Medaglia d'Oro al Valor Militare, che innanzi all'estremo sacrificio, concesse al nemico il petto e alla Patria la Gloria".

Ora che c'è? Bar Tabacchi Mokambo. Lavanderia Mimma. Unicredit. Vota Diomede Rapalli. Non so cos'è peggio. Certo la retorica del secolo scorso ci manca un po'. Sembrava sempre che le cose avessero un'utilità e quando non l'avevano, c'era la retorica. Ora le cose utili sono quelle che hanno bisogno di più retorica per essere spiegate e le inutili sono quelle per cui vale la pena di vivere.

Ci stiamo dimenticando di vivere. Tutti. Diamo un calcio a qualcuno ogni tanto. Scateniamo una bella rissa, magari. Osserviamo un vecchio in piedi accaldato sul bus mentre noi siamo seduti comodi, sorridendogli magari. Tratteniamo la pipì fino a scoppiare, fino a rischiare di farcela sotto. Andiamo a messa. Abbandoniamo cani e vantiamocene poi in ufficio. Doniamo il 4 per mille allo Stato. Parliamo male delle minoranze etniche con l'amico socialista. Proponiamo romanzi esistenziali alle case editrici, salvo non leggere mai. Abbracciamo l'ignoranza, la cretineria, il deleterio. Sfottiamo gli obesi, i deboli. Rivoluzioniamo il mondo contribuendo ad avvilire la nostra specie. Raggiungendo il nadir, il momento zero. Superato questo metteremo la prossima generazione nella condizione di migliorare. Offriamogli un'opportunità, quella che non abbiamo avuto noi. Siamo i più sfortunati? Diventiamo i peggiori. Passiamo alla storia.