K

scritto da Sanfedista il 13 ottobre 2007,17:18

Provo una tenera pietà per chi si ostina a violentare la nostra lingua

Non ho la presunzione della originalità. Mi avvento con rabbia con chi utilizza la "k" in luogo delle lettere "Ch", provo una piccola frustrazione per chi addirittura utilizza la "K" al posto della "C". Se v’è un’esigenza di economicità, parlo di sms, (in altri casi, e-mail, lettere e/o altre comunicazioni di forma non orale non basate su un computo economico a singola parola, trovo assurdo un qualsiasi uso di questa lettera non appartenente al nostro dizionario) nell’utilizzo della K scrivendo "Ki 6", non capisco dove stia l’intelligenza nello scrive "Kosa". Meglio, non sono io che non colgo l’intelligenza in questo, l’arguzia non c’è e basta. Anzi è chiaro sentore di poca cura nel corretto utilizzo della nostra lingua e di grave mancanza di rispetto nei confronti dell’interlocutore che si presume sia avvezzo, come lo scrittore, a questa storpiatura.

Sono morti, ragazzi sono tutti morti, Montale è morto, Manzoni è felicemente trapassato, Petrarca si è anche totalmente decomposto, di Catullo neanche più le ceneri, ed allora perchè avventarvi così contro di loro? Tanto non possono cogliere i vostri piccoli atti di insubordinazione lessicale, sono nel paradiso degli scrittori, un noiosissimo posto dove si parla tutto il giorno di aferesi, metafore, chiasmi, quartine e climax…insomma hanno altro a cui pensare. Voi no, siete vivi, cercate di comunicarlo al mondo in maniera migliore.

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Valevole per il titolo “Peggiore manifestazione della cultura Italiana”

scritto da Sanfedista il 5 ottobre 2007,16:20

E’in palio il titolo per la peggiore manifestazione della cultura italiana.

Faccio un po’ di televisione, pochissima roba in realtà, un programma di nicchia, sul cinema di nicchia, in un’apparato televisivo criptato (Sky), in un canale di nicchia. Insomma non sono il Mereghetti dei poveri e neanche il Morandini dei ricchi, sono un umile lavoratore della vigna del Signore, assegno un premio però, lo assegno in questo salotto ed è fatalmente legato alla televisione poichè la televisione stessa è stata la mia personalissima "academy". Il premio della peggiore manifestazione della cultura italiana va quest’anno ai programmi pomeridiani. Non che abbia avuto tempo di sondarli ma mi è bastato poco per inidviduare la non celata bassezza che essi trasfondono all’ascoltatore.

Non credo che la televisione segua i gusti della gente, credo l’esatto contrario, la televisione indirizza i gusti della gente, forma il pensiero e definisce le sensazioni. Qualcuno potrà dirmi che la tv, basandosi su di un meccanismo fatto di compensi pubblicitari deve offrire programmi dagli ascolti elevati onde ricavare grossi guadagni. Io dico che se scomparissero d’un nembo tutti i programmi atrofici la gente, dopo 3 giorni di scoramento e magari di distacco, sentirebbe l’insanabile esigenza di dare corrente al telvisore e ben presto si rieducherebbe ai nuovi palinsesti. Via! Ripartirebbe il carrozzone, sarebbe, però, finalmente istruttivo, regalerebbe forse a questo paese maggiore equilibrio emotivo e bilancerebbe i desideri e le aspettative della gente.

La tv deve essere per tutti ma non può essere fatta da tutti, si premia in questo modo la visione di un mondo dove il traguardo si consegue senza sacrificio e Dio ci liberi, signora mia (nazional popolare), da un globo di persone addestrate al fortunismo e non dedite all’impegno.

Il premio, quindi, ripeto, va alla tv della fascia pomeridiana ed a parte di quella serale.

La Rosa

scritto da Sanfedista il 29 settembre 2007,12:50

Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus (la rosa esiste prima e a prescindere dal suo nome, ma a noi non ne resta che il nome).

Il fiore più retorico del mondo, è il più bello (unico momento in cui quest’aggettivo non è banale ma necessario). Qualitativamente amo la Grand Prix, gambo altissimo, fiore dal colore rosso scuro, scurissimo. Il fiore che deve essere regalato. Il simbolismo è infinito quanto conosciuto. Le spine su tutte. Ma la rosa è di più, proprio perchè mondialmente riconosciuta oramai come simbolo più che come fiore, come nome, per l’appunto, più che come materia, si spoglia di tutti i suoi significati ed assume l’essenza più pura del fiore, la bellezza. La rosa è immagine pulita, manifestazione grezza di natura, colore caldo (concedetemi la sinestesia). Eppure la rosa è passata, nel corso dei secoli, ad infinite selezioni, pari forse solo a quelle studiate per l’orchidea, ma questo non ha fatto altro che mondarla dai suoi fronzoli e rinfrescarne la figura.  La rosa ha costretto gli uomini ad inventare ricette che la includessero, l’uomo, evidentemente, sente l’ancestrale bisogno di assumerla fisicamente, per poterne essere parte, per essere più interiormente arricchito dalla sua grazia. E’ una magia, l’attrazione che si prova è per me inspiegabile, è per me il regalo di una parte di me, la condivisione di una passione, puro amore.

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La parola alla difesa.

scritto da Sanfedista il 25 settembre 2007,18:32

Sig. Giudice gliel’ho detto il mio cliente non ha ucciso in seguito a rapina. Ha semplicemente preso in prestito dimenticandosi di non schiacciare il grilletto, possiamo mai condannarlo, quando l’unico testimone del fatto ha ben pensato che morire fosse meglio che apparire innanzi a questa Corte? Possiamo mai condannare un uomo perchè nella sua vita ha incontrato un altro uomo che patisse così tanto i colpi d’arma da fuoco? Mezzo caricatore sig.Giudice, non stiamo parlando di un caricatore intero, e qui andrebbe approfondito il problema dell’aumento dei costi delle munizioni, insomma i prezzi delle mele lievitano e giù il putiferio sui telegiornali, il costo delle 7,65 pure ma neanche due, dico due, righe su "Leggo". Un po’ di serietà… Continundo, sig.Giudice, voi ascrivete i futili motivi, morire per 2 mele, ma sapete quanto costano le mele? Un cittadino onesto come dovrebbe fare contro un fruttivendolo speculatore? Diciamocelo sig.Giudice, il mio cliente ha reso un servizio alla colletività è bene che questi terroristi frutticoli sappiano che non si può più rimanere impuniti. Non mi sembra che Madre Teresa sia mai apparsa innanzi a questa Corte e lei, allora, non rendeva un servizio alla società? Concludendo chiedo la piena assoluzione e la restituzione satisfattoria di numero 2 mele, che in diritto spettano al mio cliente per i 6 proiettili usati per il servizio.

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Napoli

scritto da Sanfedista il ,12:01

Guardo passare i grandi Barbari bianchi.

Napoli allo stadio attuale è la città più decadente del globo. Napoli è un continuo puzzo di sangue e basilico, un pinnacolo dorato nascosto da un’erba fitta che fa rilucere l’oro dei fregi. IL sabato sera s’inseguono sul lungomare bestiole nelle loro automobili imbottite di musica dubbia. Le stesse bestiole infestano la città come un invertito un asilo nido. Abusano delle vie, stuprano i panorami e si cibano della loro stessa prepotenza, non accorgendosi mai (questo genera il mio odio) di che teatro stanno calcando, di quanta bellezza vi sia di contorno; ce ne sarebbe abbastanza da poter dare senso ad un intera esistenza, ma non sono educati a tale culto nè riescono con le proprie forze a guardar un po’ oltre. Ma sono così, sciamano via, tornano nelle loro piccole ed umide abitazioni ad idolatrare cantanti e a sognare calciatori di cui non avranno mai l’abnegazione. La domenica mattina presto, però, Napoli risalta nella sua generosità, sgombra finalmente da gran parte di quegli insetti, si veste a festa e si lascia amare da chi ha il gusto per la felicità.

Il dimante risalta sul fondo nero. La forza di Napoli sta nella sua bellezza, è una bellezza che è talmente presente che trova vita sotto il bombardamento che brilla ancora di più su un fondo nero, come un diamante.

Lo spirito che lega Napoli indissolubilmente a Verlaine è il fatto che essere alla fine della decadenza gli conferisce ancora più forza e ancora più fascino; il barocco che si specchia in una latrina diventa, se colto, un premio impagabile, che nessun’altra realtà al mondo può offrire.

Napoli nel 2007 regala al visitatore le stesse emozioni che provarono gli esploratori vedendo Angkor Wat, svelata dopo secoli, nel cuore della giungla Cambogiana. Il premio nella ricerca appaga l’occhio più che la bellezza nuda, l’infinità completezza di Napoli offuscata da parte della popolazione rende la città il vero posto dove ogni amante dello spleen dovrebbe prendere dimora.

…Un proiettile infrange un rosone, per qualche istane il cielo è colto da una febbre, si scheggia di colori, tu cogli la bellezza prima che rimanga solo una danno da riparare.

Napoli.

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La sigaretta

scritto da Sanfedista il 22 settembre 2007,16:05

E mentre accendo la mia sigaretta davvero capisco la piccola fiammiferaia.

Due o tre boccate e mi trovo ad essere l’ultimo capo dei banditi, un’altra e mi sento Sartre, un ultima accende nella stanza la musica che suonava Sam al Ric’s American Bar. Eppure, davvero, oggi mi guardano quasi fossi un piccolo residuato di un’era diversa, un animale rinchiuso in un manuale di criptozoologia. Un accendino lucido con le iniziali, il pacchetto, uno scrigno magico, sono l’ultimo modo per trarre piacere davvero controcorrente. Forse hanno ragione gli altri, forse sto correndo disperatamente verso la morte avvicinandomi boccata dopo boccata all’ultima. Liberandomi dalle scontate dissertazioni sull’ineluttabilità dell’evento, mi focalizzo sul piacere del fumo. Non c’è ambiente rispettabile che non sia avvolto dal fumo, oggi gli ambienti, diventano, per l’appunto, sempre meno rispettabili e la coltre di fumo scompare rivelando lo squallore. Una conversazione senza un fumatore è come Versailles illuminata a neon.

Nullum est vitium sine patrocino, non c’è vizio che non possa essere difeso, troverete scritto questo nel mio portasigarette ma è una frase sbagliata che feci incidere con tutta fretta e della quale mi pento. Non voglio difendere il vizio del fumo, non voglio difenderlo poichè lo subisco passivamente, poichè non posso far nulla per impedire alle mie mani di cercare in tasca l’accendino ed abbandonarmi così ai sapori familiari del fumo che impasta la bocca. E’ debolezza, certamente, ma la debolezza, in questo caso, è rimedio più che colpa.

Anche il rumore che fa la sigaretta quando si accende è mistico, sfrigola come i primi rami umidi del camino. Il fuoco poi fa la sua parte; con il fumo è come se assumessiomo del fuoco e restituissimo al mondo il nostro respiro visibile, vedi ciò che espiri.

Tutte queste suggestioni rendono il fumare un piccolo rito, come la barba di mattina,  che diventa un segno d’amore per se stesso, paradossale, una piccola attenzione a se stessi l’accendersi una sigaretta? Forse no, ma anche la piccola fiammiferaia sapeva a ciò a cui andava incontro, sapeva che la sua favola, la sua vita quindi, si sarebbe interrotta con l’ultimo buio generato dalla fine del suo ultimo cerino eppure non lo conservò per anni, interrompendo la storia e salvandosi la vita, ma lo fece strusciare sul ruvido e s’abbandonò alla sua magia, un po’ quello che facciamo noi fumatori.

Vi è venuta voglia di una sigaretta vero? Io scrivendo ne ho fumate 3, a voi speculare se sono un fumatore accanito oppure se sono molto lento nel ricercare e nello scrivere…

Concludendo il fumo uccide, il fumo nuoce gravemente alla vostra salute, il fumo rovina la pelle (sic) e provoca il cancro e malattie cardivascolari, non vi ho dissuaso dall’accendervela? Peggio per voi, meglio per me…al mondo già si sta troppo stretti…ed io, vista la mia giovane età, confido nell’immortalità.

La grazia è per la vita come il colore è per l’arte.

scritto da Sanfedista il 18 settembre 2007,16:12

Al termine di uno spaesante viaggio all’interno del traffico mi arrovello su  quanta poca grazia v’è nel cercare di arrivare il prima possibile; e mi abbandono a digressioni.

Se la vita è ciò che ci resta di un passato ignoto e ciò che ci accompagna ad un futuro incerto, voglio che sia piena di Grazia. Adoro il lavoro, adoro, essere pagato per quello che si produce ed adoro godere dei soldi e delle meravigliose opportunità che ci concedono. Però il vivere inimitabile, frutto dei soldi, come lo si intende oggi è per me la negazione stessa del vivere. La cultura è il solo modo per raggiungere la grazia, la cultura è il veicolo unico di raggiungimento, è il nostro personale "orient express" che ci conduce in una decadentissima Costantinopoli. La Grazia è il frutto della pazienza della ricerca del bello nel quotidiano è il colore inatteso che spunta furbo da un completo Tasmania. La grazia è anche quell’ultimo colpo di pennello su di una tela che non andava modificata su di una tela perfetta così, il colpo di pennello la migliora, però, inaspettatamente, quasi rivoluzionariamente e gli conferisce finalmente anima, un ultimo tratto di bianco al sorriso, una fugace apparizione del rosso nell’arancio, un raggio viola al risvegliarsi della sera danno respiro alla stoffa, Grazia al fruitore. Il colore che non dovrebbe ma che arditamente abbiamo osato inserire in tela ci fa superare la cascata e raggiungere la caverna che si cela dietro i flutti.

La Grazia, figlia di attesa e ricerca, non svela i misteri che avvolgono le massime domande, solo la fede lo fa, ma accende di lentezza e quindi di maggiore consapevolezza tutto il nostro movimento.

Lo smoking

scritto da Sanfedista il 14 settembre 2007,16:06

V’è innanzitutto da rivedere le opinioni in merito a questo particolare tipo di vestito. Lo Smoking, tuxedo per gli americani, è sostanzialmente un vestito completo nè più nè meno. Va utilizzato in quanto tale, con alcure regole certamente ma bisogna rompere il timore reverenziale che v’è su questo capo d’abbigliamento. Incominciamo ad analizzare come dev’essere la fattura di questo capo. Giacca nera con revers neri lucidi a singolo o a doppio petto. Pantaloni neri, senza passanti per la cintura, lo smoking usa le bretelle, nere anch’esse, e senza risvolto, con un gallone di raso che copre la cucitura laterale. Camicia bianca, con bottoni bianchi o neri e polsini con gemelli, colletto abbassato, indossare un botton down sarebbe come bere un "Jacques Selosse" ad una temperatura di 12 gradi…puro orrore…oggi va sempre più diffondendosi l’uso della camicia con collo alzato e punte risvoltate, sebbene sia un errore, la camicia di tal fattura è indicata per il frac, la moda è la moda ed è giusto che lo smoking come il resto abbia dei piccoli stravolgimenti. Al centro della camicia è consigliabile una plissettatura per movimentare le linee, deve essere, però, sempre sobria, mai esagerata. La scarpe sono Oxford nere di vernice, lucidissime. Completa il vestito la fusciacca o cummerbund, una cintura di raso nera da annodarsi sul dorso. La fusciacca, che deve accordarsi come colore e foggia al farfallino, è plissettata nella parte anteriore e va portata con le pieghe rivolte verso l’alto, da utilizzarsi esclusivamente con giacche monopetto. Con il doppiopetto ovviamente va il gilet.

I colori; nero, al massimo blu notte scurissimo (apparirete comunque un hippy). La giacca bianca solo per feste all’aperto estive, tutto l’anno in luoghi tropicali. Il farfallino è da annodarsi, crediamo che chi utilizza quelli gia annodati sia una sorta di soggetto giustamente ai margini della civiltà. 

Quasi superfluo ricordare che non si indossa prima delle 20, è preferibile recarsi ad un invito precedente a quell’ora con una camicia a mezze maniche color caffè con annodata una cravatta gialla, ed incorniciata da un completo gessato grigio piuttosto che fieri nello smoking. Si indossa anche quando sugli inviti è specificato "cravatta nera" o "black tie".

Ricordo nuovamente che bisogna riappropriarci di questo meraviglioso abito e iniziare ad utilizzarlo in tutti quei contesti eleganti che vanno oltre le prime teatrali ed i balli ai club. Insomma se entrerete in un ambiente in smoking e vi accorgerete che siete l’unico ad indossarlo, noterete che il sudore freddo scorrerà sulla fronte degli altri ospiti che ad un tratto si riterranno inadeguati, impareranno la lezione…

Se così non fosse ed anzi una allegra signora ottantenne avvicinandovi vi dovesse chiedere dov’è il bagno e poi vi ordinasse un Amaro, siete capitati alla festa per i cinquant’anni del matrimonio di zia Elvira ed avete decisamente esagerato…

Indossate lo smoking senza timori ma cum grano salis…

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Giornata di sole

scritto da Sanfedista il 13 settembre 2007,15:33

Prendo la camicia bianca, quella appena lavata, il piacere del cotone ben stirato a contatto con la pelle è una gioia che pochi possono realmente cogliere. Il colletto è perfetto, scende giu rigido e pulito come una goccia d’acqua scorre su un mobiledi Breuer, pura Bauhaus. Gli occhiali da sole lasciamoli a chi ha gli occhi scuri, che goda il mondo! Oggi.

Nodo alle scarpe, balcone aperto, un passo dietro l’altro, in soli tre movimenti mi si schiude il mare, il vento mi saluta, gli rendo grazia lasciandogli accarezzare il mio capo. Un raggio di sole, un piccolo stiletto, ed il mondo è mio.  Virtuoso è chi desidera cosa già possiede.

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Evviva la Guerra!

scritto da Sanfedista il 11 settembre 2007,17:25

Era "argentea pioggia che monda" per il Vate il sollievo. La metafora potrebbe essere tranquillamente applicata anche alla guerra. Mi innesto semplicemente nella tradizionale esaltazione della guerra, non sono solo, sono in attraente compagnia. Sun Tsu, Marinetti, Omero ed intere civiltà fatte di uomini hanno creduto che la guerra fosse il principale innesto per elevare gli spiriti della razza umana, mi sorreggono nel discorso. Apparirò anacronistico, reazionario, probabilmente esaltato. Accetto solo uno degli aggettivi precedenti; non sono né fuori dal tempo e neppure contrario all’azione, esaltato forse sì, ma dello spirito che anima le cose, della forza che genera il dinamismo, dello slancio vitale (bergsoniano?). Perché riabilitare la guerra? Perché criticarla è stupido quanto cercare di coltivare con il sale un campo. Il mondo nel quale abbiamo la sorte di vivere è un mondo che lentamente sta sciogliendosi su se stesso, la civiltà trova le risposte nei consumi, per consumare bisogna essere in pace. Bisogna essere sereni, avere una coperta calda ed il tempo di assaggiare l’ultimo surgelato (che orrore). Il mondo occidentale non ripugna la guerra, la tiene lontana dai mercati fruttuosi. Il mondo moderno coccola la guerra la esporta e ne fa un mercato. Quindi ridicolo è godere dei diritti di una società in pace, quando il benessere derivante dalla stessa è anche frutto della guerra. Accettiamola. La guerra nel corso dei secoli ha regalato alla società molto di più di quanto poteva fare la pace.  Le invenzioni militari si sono rivelate fondamentali per il vivere civile, l’aereo a reazione, lo studio dei materiali, la tecnologia satellitare e lo sviluppo delle comunicazioni, sono regali della strategia militare, le classi politiche, intendo le migliori, sono figlie delle privazioni della guerra, della frustrazione dell’oppressione, la Costituente italiana è praticamente erede edipica della dittatura e della battaglia. Gli anziani delle comunità, ricordando con dolore la guerra, ne esaltavano al contempo i valori che essa trasferiva alla sua gente; solidarietà, cura del prossimo, sobrietà e morigeratezza. Paghiamo più ora alla democrazia ed alla pace di quanto pagammo alle guerre, senza purtroppo ricevere i medesimi benefici. La morte, oggi, non presenta il suo conto in un’unica soluzione, lo centellina giorno dopo giorno. Il benessere fatto di consumi nocivi, corsa alla ricchezza, per ottenerne di nuovi, rende marcia una società, avvelena i giovani che ricorrono agli dei contemporanei perché oramai privi di valori reali. Non è mai successo che il vecchio continente fosse privo di una guerra per così tanto tempo, il risultato, non mi sembra esaltante; il consumo, la parola stessa indica il logorio, erode ogni giorno risorse, e la popolazione aumenta a dismisura, s’accalca, si imbestialisce. E’ linfa nuova è l’unica igene del mondo (Marinetti) è un’arte. La battaglia rompe il velo dell’ipocrisia, sveglia le coscienze, riaccende la brama di vita dell’uomo e ne esacerba  l’ingegno. La Democrazia stessa che ripugna la guerra non sarebbe stata senza la guerra, senza un gruppo di borghesi che insorti in Parigi decisero di rovesciare il regime, senza un gruppo di coloni che decisero di affrancarsi da uno Stato per fondarne un altro ove potessero respirare libertà, la stessa che preservano negandola ad altri. La guerra non è null’altro che il nostro spirito di autoconservazione, e quando giunse Gesù, conscio che ogni evoluzione debba passare per una rivoluzione, proclamò “Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra; non sono venuto a portare la pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera, e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa. Chi ama il padre o la madre piú di me, non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia piú di me, non è degno di me. (Mt 10, 34-37)” e quando fui Cresimato il Sacerdote mi disse che ero diventato un soldato di Cristo, non un missionario, un soldato.

In conclusione, seppur disgustosa l’immagine della morte che piomba cieca portando dolore, bisogna assumere il concetto che ci è data la pace, possiamo essere pacifisti, solo perché in un altro luogo c’è una guerra che ce lo consente che ricama la nostra libertà (presunta) con il fuoco della mitraglia, che lo stesso fuoco è stato inchiostro per le costituzioni ed alimento per le popolazioni.

 

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