quelli del ’59, ma la smettiamo?

scritto da Sanfedista il 6 luglio 2009,16:48
Per iniettare l’ottimismo nelle Patrie Vene da qualche giorno in TV c’è una sorta di riscoperta agiografica della generazione del dopo-guerra di quelli delle estati degli anni ’60. Il messaggio è chiaro: Italiani, abbiamo superato crisi ben peggiori, prendiamo ad esempio quegli italiani impavidi che fecero grande l’Italia, che comprarono a rate le 500, ma per Dio la comprarono!

E’ sempre triste quando ti coglionano, mi sono sentito così coglionato guardando quegli italiani che preparavano così operosamente il collasso del paese solo 50 anni dopo, quella generazione che ha dato una progenie così infausta.

Gli Italiani del boom del ’59 hanno partorito i figli dagli anni ‘ 30 ai ’50, che sono quelli che ci guidano da 30 anni e che ci governano ora. I manager creativi, i soloni della politica, i geni dell’impresa.
Sono quelli che poi hanno generato i ragazzi degli anni ’80, quelli a cui si ruba il futuro, quelli messi peggio di chi faceva la guerra, perchè se dopo le bombe la ricostruzione era necessaria adesso non ci sono più nemmeno le bombe. Adesso, forse, quelli degli ’80 saranno troppo vecchi quando l’economia ripartirà e sono stati troppo giovani per inserirsi prima. Quelli dell’ottanta trovano normale non poter progettare una famiglia, un mutuo, trovano scontato lavorare quasi gratis, sono quelli che girano in scooter perchè l’assicurazione auto è un miraggio e vivono coi coinquilini per abbattere i costi…Bamboccioni.

Da un figlio degli ottanta un caro ringraziamento agli italiani del ’59.





Gemelli

scritto da Sanfedista il 18 novembre 2008,19:07

Avrei voluto essere diverso, mi sarebbe piaciuto riuscire ad impegnarmi ad ascolatae di più ma non riesco. La mia attenzione nei confronti degli altri si ferma ad un misero 20% del discorso. Mi spiego, quando parlo con il 90% delle persone mi interesso solo al 20% di quello che dicono, il rimanente 80% semplicemente non lo seguo, penso ad altro e va bene così.

Mi sono impelagato in discussioni di percentuali ma tabellerò per una maggiore comprensione:

Percentuale di persone poco interessanti 90%
Percentuale di mia attenzione prestata a persone poco interessanti 20%
Percentuale di persone interessanti 10%
Percentuale di mia attenzione prestata a persone interessanti 80%
Attenzione media ai discorsi 32%

 

Nel rimanente 68% del tempo cosa faccio? Oggi riguardavo i gemelli della mia camicia e pensavo che forse la cravatta sarebbe stata meglio lilla.

C’est la vie.

donne, decadentismo.

scritto da Sanfedista il 25 settembre 2008,23:25

Sono i pensieri che vengono con l’ultima sigaretta, quelli che superano il labirinto del cervello e resistono ai rumori dell’ultimo bus notturno, quelli puri, quelli che per stanchezza colgono la ragione nella confusione.

Io amo le donne, le amo con gran parte di me stesso, amo la loro forza, la loro vivacità nel ricominciare. La costanza con la quale addomesticano la loro ineffabile volubilità. Sono lo sguardo che Dio ha dato incerto osservando la terra. L’incompletezza alla quale si è trovato rimedio sconvolgendo tutto, il foglio sfuggito alla correzione. La frase che non torna ma non sai come concludere ed allora la lasci così.

Le mani delle donne ti cercano e tu pensi che abbiano bisogno di sicurezza, le afferri e realizzi in un battito che il calore proviene da loro ed allora ti tranquillizzi tu.

Amo le donne perchè la sera riescono a stare sveglie più di noi e le vedi illuminate da una luce, magari mentre fumano, magari mentre studiano in silenzio e pensi che sono matte, pensi che qualsiasi cosa che stanno facendo, o stanno pensando, potrebbe tranquillamente essere rimandata all’alba successiva; loro no, loro devono chiudere il cerchio. Allora le invidi, ti avvicini e cerchi di distrarle, provi ad infastidirle, solo che poi alla fine ti trovi a guardarle che ferme s’allontanano mentre tu vai a dormire con un sorriso.

Le donne sono così, il passo falso verso la salvezza, il puntino che non chiude il cerchio perfetto dell’uomo.

Le donne piangono senza motivo e s’innamorano delle loro idee; le donne cambiano le proprie idee quando si innamorano.

L’uomo no, l’uomo trova donne che amino le sue idee e piange solo quando perde.

Loro pensano bene a cosa desiderare, perchè potrebbe realizzarsi e non avendo contromosse pronte si trovano alle volte nude e in quel momento sono tue completamente. Noi non abbiamo il pudore della nudità, noi ci vediamo sempre senza vesti ed allora non temiamo nulla, non rischiamo perchè in fondo ci conosciamo meglio, perchè sappiamo nascondere non con i vestiti ma celiamo i nostri pensieri tra le pieghe della nostra pelle. Loro no, c’è un secondo in cui sai che lei ha deciso ed allora leggi tutto, assapori potere e perdi la testa. Ma il potere di emozionare è loro, amico mio, non è nostro…

Amo l’energia dell’ultimo respiro, amo la fragilità dell’istante di vetro, quello della prima crepa, quella che porterà all’irrimediabile frattura; la amo perchè penso che più è difficile recuperare più è delizioso ricominciare.

Il decadentismo è questo, vedere che il punto è stato superato e liberarsi quindi dalle responsabilità, poichè le tue azioni ormai non valgono più a nulla; il meccanismo è partito, puoi solo fermarti ed assaporare lo spettacolo, finalmente conoscendo l’epilogo e traendo così la perfezione dei dettagli.

…jongleur…

scritto da Sanfedista il 27 maggio 2008,00:25

Chi sa un po’ di francese avrà capito di cosa si parla.

Tralasciando le retoriche di poca misura sulla maschera, sul trucco, sull’illusione, sulla cera che infondo non nasconde ma esalta. Mi concentro ora sulla follia e quanto essa infondo sia servile.

Si perchè se noi siamo caricatura della vita, se ci chiediamo troppo spesso troppe cose e fatichiamo a trarne risposte soddisfacenti è altresì vero che al termine di tutto la luna scorre comunque e porta chiarezza anche dove non guardiamo. Ed allora il nostro compito forse è cercare di non dare criterio alla follia, di trovare il cuore e asservirlo alla nostra convenienza.

La follia è servile perchè ci torna utile quando ne abbiamo bisogno, perchè la follia ci rincuora molto di più di quanto la sapienza ci consola.

Io infondo ho vissuto una vita discretamente articolata. Ho amato drammaticamente, ho tradito, ho sofferto e me ne sono compiaciuto, ho posseduto menti e persone, ho sconvolto corpi e abbattuto sicurezze, le mie incluse. Ho scommesso varie volte e quasi sempre ho vinto. Mi sono alzato spesso dal tavolo con più di quanto mi fossi seduto, quasi sempre riflettendoci.

Marc Chagall, Le Jongleur, 1943.

La cosa che non mi torna mai è quanto in realtà io abbia avuto potere sulle mie scelte. Riflettendoci ho sempre preso il primo premio con il minimo della puntata e più premevo affinchè le possibilità di vittoria aumentassero meno ho raccolto.

Credo sia una sorta di caratteristica costante della mia vita. Il meno impegno ha sempre pagato meglio. Ed è questo che mi sconvolge stasera. Il mio impegno non paga quasi mai. Ed allora davvero credo che la burla sia il modo migliore di intendere la mia vita.

E se queste parole paiono dettate da un momento confuso, in realtà mi viene da pensare che portino la saggezza della follia consolatoria e quindi rechino con se la massima verità.

Quando ho pensato di fare errori, di lasciar correre, il conto è stato davvero benevolo. Certo avrò leso qualcuno, la cosa non è secondaria, ma perlomeno ho salvaguardato me stesso. Se quindi, in amore, mi incaponisco nella rettitudine più costante non faccio feriti ma perdo le battaglie.

Ecco perchè potrei scomodare il termine maledizione, poichè io in assoluto sono destinato alla vittoria solo a scapito di qualcuno, non riesco mai a vincere con qualcuno. Vinco, lo faccio quasi sempre, ma le perdite sono sempre elevatissime. Senza sangue, senza lesioni io alla fine perdo. 

Quando vinco mi ritrovo soddisfatto ma un po’ crudele.

Sì perchè riflettendo la maledizione è propio questo, ottenere qualcosa scendendo a patti.

La follia allora servile si veste di nuovo con il suo abito sgargiantissimo ed appare sulla scena a reclamare la libbra di carne o a tendere un fiore al pubblico, ed io la assecondo e mi trovo nuovamente tra i vincitori, ma a quel punto non guardo indietro, mai, troverei la logica di tutto ma la contropartita sarebbe la conoscenza, ed a me questo non interessa, poichè conosco la mia maledizone e forse finirei per non cadere in piedi come sempre.

Queste poche parole di stasera ovviamente hanno un destinatario, no, non sono io, ovviamente.

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…semplicemente fiori…

scritto da Sanfedista il 15 maggio 2008,16:53

I fiori sono regali agonizzanti. Questo mi ha detto un po’ di tempo fa un persona speciale. E t’avvedi che la bellezza che alcuni colgono, per altri è solo sadismo impacchettato.

Io non ho maturata un’opinione ma non avendo roseto temo che per me l’unica salvezza sia commettere omicidio per trarre bellezza.

Le mie vene.

scritto da Sanfedista il 10 aprile 2008,12:53

Un colore rosso vivo.

Hanno trasportato le cento, mille, pulsazioni con la tenacia di chi sapeva sempre dove portare cosa. Le mie vene non mi hanno mai tradito, hanno sempre assecondato il mio cuore, sono state indulgenti sempre con lui.

Hanno acceso emozioni, hanno chiarito agli arti cosa dovesse essere fatto, hanno chiuso il mio stomaco quell’ora prima, lo hanno consumato quando poi quell’ora dopo il passo falso era apparso. Le mie vene hanno la saggezza della mia mente ma ne hanno anche la volontà distruttiva. Non le ha mai fermate nessuno, neanche io. Io che posso così poco su me stesso, che trovo in una qualsiasi via la via giusta. Che mi svelo troppo  che fumo di più e che mi rattristo nell’idea che le mie esperienze forse sono troppe per gli anni che ho.

La vita che avrei voluto è la vita che vivo.

La vita che vivo è quella che sempre mi ha più affascinato. Lo sbaglio è il fascino delle emozioni. Io che per sentirmi vivo ho fatto disastri, io che ho scelto di raddoppiare sempre, ho incluso me stesso in una puntata finale sul rosso e il nero. Ho sempre scelto il rosso anche quando le probabilità mi deridevano e il sudore mi ammansiva. Ho vinto anche quando ho perso, perchè accettare la sconfitta significa vincere comunque. E quando le vene mi hanno portato litri di acido ovunque io ho ringraziato, mi sono odiato, ma poi basta, perchè l’acido lo avevano trovato in me.

I miei amici hanno una vita meravigliosa, amano e sono amati. Il dono è per loro, lo hanno accettato appena ne hanno avuto modo e se lo sono tenuto stretto. Io l’amore l’ho sudato sempre, l’ho respinto perchè la mia vittoria su di esso doveva essere netta, decisa. Dovevo vederlo nullo sotto di me.

Le mie vene hanno portato amore, hanno aperto i mie occhi la mattina dopo, hanno portato il sangue al bulbo, hanno messo a fuoco la donna che ancora dormiva accanto a me.

Le mie vene hanno mosso i passi che mi hanno separato dalle mete, mete disgraziate, sbagliate, mete dove avventurarsi era la negazione della ragione, ma io così incurante ho fatto si che le vene portassaro le gambe una appresso all’altra. Alle volte però quanta gioia, quanta felicità ad ogni metro in meno, tenendo magari un mazzo di fiori, un cestino di meringhe, sapendo che lì mi aspettava qualcosa che aspettava solo me, che contava insieme a me i passi che ci separavano.

Le mie vene sono state immobili alle volte, le mie vene non mi hanno mai tradito, le mie vene me le ha cucite mia madre nei polsi dicendo che sarebbero state mie compagne.

Le mie vene me le vedo qui, tre fili verdi, so cosa portano e so perchè lo fanno. E se sbagliano lo sanno ma possono solo continuare, possono solo inoculare veleno se sono io a fornirlo, possono solo portare ossigeno se ne trovano in me.

Le mie vene forse ora sono un po’ lacere, un po’ stanche e mi chiedono di riposare per il tempo necessario. Dovrei forse assecondare queste pazienti compagne e dare loro la tregua che chiedono, dovrei forse rimettere al mondo, al caos, a Dio, le scelte che hanno dispacciato questi fili intrecciati. Dovrei solo riprendere lì dove tutto ebbe il suo inizio, dovrei e scrivendo sento il polso che traballa e il sangue mi riporta alla dolcezza del "dovrei", una parola così indulgente ma così ferma ed aspra…

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Sempre tempo…

scritto da Sanfedista il ,10:26

…Il tempo è solo quella porzione di infinito alla quale noi possiamo dare un senso…

L’avido scorrere del magma nel flûte, fa sì che noi si debba bere rapidamente, altrimenti trabocca e la tovaglia si è sporcata di nuovo…

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Oscar Wilde, il mio cenacolo ideale pt. XI

scritto da Sanfedista il 18 marzo 2008,13:25

1854-1900, artista, dandy, decandente.

"Nessun gentiluomo fa mai ginnastica"

"E’ una cosa terribile per un uomo scoprire improvvisamente che per tutta la vita egli non ha detto altro che la verità"

"Tutte le donne diventano come le loro madri. Questa è la loro tragedia. Gli uomini no. E questa è la loro tragedia"

"Nel caso di donne molto affascinanti, il sesso è una sfida, non una difesa"

"C’è sempre qualcosa di ridicolo nei sentimenti di chi non si ama più"

"Stupisco sempre me stesso. E’ l’unica cosa che renda la vita degna di essere vissuta"

"Almeno una volta nella vita ogni uomo cammina con Cristo verso Emmaus"

 

 

Aggiungo solo che era alto circa un metro e novanta, tutte le parole mi si seccano come tralci tagliati.

Carmelo Bene, il mio cenacolo ideale, pt. X

scritto da Sanfedista il 13 febbraio 2008,11:52

1937-2002, attore.

 

"Il talento fa quello che vuole, il genio fa quello che può. Del genio ho sempre avuto la mancanza di talento"

"Detesto anche la nazionale azzurra, però lo dico. Non me ne fotte nulla del Rwanda, però lo dico. Voi no, non ve ne fotte, ma non lo dite! Non sono eroico; me ne infischio di me stesso, del governo, della politica, del teatro…"

"Si nasce e si muore soli, che è già un eccesso di compagnia."

"I giornalisiti sono impermeabili a tutto. Arrivano sul cadavere caldo, sulla partita, a teatro, sul villaggio terremotato, e hanno già il pezzo incorporato. Il mondo frana sotto i loro piedi, s’inabissa davanti ai loro taccuini, e tutto quanto per loro è intercambiale letame da tradurre in un preconfezionato compulsare di cazzate sulla tastiera. Cinici? No frigidi."

"Sono apparso alla Madonna"

 

Esagerazione di citazioni? No, e neanche esagerazioni e basta. Carmelo Bene è stato uno dei più grandi istrioni che l’Italia abbia mai conosciuto, intendo l’Istrione vero, non l’istrionismo che si attribuisce con faciltà al primo coglione che regge uno spettacolo di un’ora. Carmelo Bene era trave scricchiolante di maestoso palco, era il più duro guanto vuoto mai riempito dalla mano di un personaggio da interpretare. Invito ai pochi, fortunatamente, che s’intrattengono su questo mio spazio di approfondire la conoscenza di Bene…ed essere circonfusi per un attimo da un uomo nato con la faccia infarinata e mai soggiogato dal pubblico.

Un essere altero che impose, che ripagò il pubblico e il successo con l’indifferenza quasi con disprezzo; perchè le luci del palco illuminavano lui, la voce piena era la sua, la platea, si sa, è silenziosa e al buio…

 

La via più lunga e la mirabile sirena.

scritto da Sanfedista il 11 febbraio 2008,14:43

Il vapore che ricorda

vecchia scritta su uno specchio,

il sapore sulla lingua,

la pendenza

della via più lunga.

Vengano i signori ad ammirare la mirabile sirena

il prezzo è sempre lo stesso,

un sogno per gli adulti e venti per i bambini.

Vengano numerosi, la mirabile sirena appare solo per pochi istanti,

il prezzo non si rende, il biglietto è personale,

i posti non assegnati. Più gente entra e più bestie si vedono.

Vengano signori, vengano, solo per una notte in questa città,

domani saremo in altra ed ingota contrada.

All’interno non si fuma e i ritratti non sono ammessi,

solo con gli occhi guarderete.

Coglierete lo scroscio delle acque, il balzar della pinna della fantastica sirena.

Catturata da due monelli nel mar di Crimea

la sirena è qui, ora, per voi,

lasciate i cappotti alla porta,

i sogni per pagare raccontateli pure alla cassa.

Signori, ancora per poco i pochi posti saranno a disposizione

spettacolo unico,

domani altra contrada,

altri sogni per la sirena…

Io quella sirena non la vidi mai ma forse perchè, pensandomi furbo, pagai con paure e non con sogni…