L’importanza di mangiare pastelli

scritto da sanfedista il 28 settembre 2012,00:25

Ero in Nuova Zelanda qualche anno fa. Avevo un amico indiano. Wasseem Parker. In realtà si chiamava Parkaar, solo che lo inglesizzava perchè faceva più British Empire. Una sera bevevamo una birra tutti insieme in giardino. Il sole tramontava e lui si alzò e andò via rapidamente. Gli chiesi perchè. Lui rispose che gli indiani non guardano mai il sole tramontare perchè non è di buon augurio. “Bella cazzata!”, pensai.

Noi europei siamo eurocentrici, un popolo blasè, cinico ma molto compassionevole che ritiene che le convenzioni differenti dalle nostre siano semplicemente inadeguate o, peggio, rozze o ridicole. E quando invece non lo pensiamo è perchè siamo radical, etnomaniaci e fintamente sciovinisti, che poi diciamocelo la cucina etiope la mangiamo solo noi, che in Etiopia si muoiono di fame.

Questo solo perchè abbiamo inventato la democrazia, il concetto moderno di impero, le infrastrutture di massa. I divertimenti, gli sport, l’illuminismo, la musica pop, il rock, la musica classica, l’impressionismo, la filosofia, il comunismo e il fascismo. Noi europei siamo ancora fortemente legati alle questioni di principio, contrari alla pena di morte, i più sostenibili del pianeta, con le nostre auto euro 5 e poi 6 e 7. Noi abbiamo tirato su il concetto moderno di città e dei mobili componibili. I sindacati e il ’68. Siamo quelli che hanno dato il nome ai paesi del mondo. Tu ti chiamerai America, tu invece Jamaica, tu Liberia o Arabia…Ci siamo arrogati il diritto di fare il calendario del mondo e decidere le ore dei paesi ma anche fissare le misure. Il metro, la iarda o il miglio. Siamo gli unici a cui davvero interessa dell’effetto serra e dello scioglimento dei ghiacciai, noi e qualche americano hippy deriso dai più che crede pure che il 21 dicembre finisce il mondo.

Beh io credo fermamente che a furia di evolverci siamo invecchiati prima. A furia di sopportare il peso del globo come Atlante, siamo finiti con la schiena rotta e sulla sedia a rotelle. Ci chiamano colonizzatori, ma siamo le vittime del nostro crimine. A furia di fare i maestrini saccenti, a furia di prendere il tè alle 5 pm, a furia di esportare pizza o caffè ristretto, abbiamo fatto la fine di quelle mamme nordamericane: top manager, eccellenti cuoche di torte per la gara dei bambini, sempre sorridenti e depresse. L’antidoto, o la soluzione, non c’è, anche perchè chi scrive è un europeo e quindi non riesce a vedere modelli validi oltre il proprio continente, ma sento, ho la percezione, che ci sia qualcosa di errato. Non mi piacciono i primi della classe perchè sono quelli che finiscono prima di tutti e, quando buoni, ti aiutano con i compiti sopratutto se sei magari un po’ ritardato. Siamo quelli che troviamo commuovente un tramonto ma siamo anche sempre consapevoli che è un fenomeno astronomico. Siamo top manager e prepariamo ottime torte. Indossiamo il casco per andare in bici e il giubbottino catarifrangente quando foriamo. Ma vi rendete conto? Ma di cosa vogliamo morire? Siamo così arroganti che vogliamo essere eterni. Bombardati come siamo da campagne contro il fumo, l’alcool, la droga, il melanoma, il tumore al polmone, abbiamo lo yogurt contro l’osteoporosi, la regolarità intestinale e le difese immunitarie. Ma di cosa vogliamo morire noi europei? Con i nostri piani vaccinali e i nostri 100 airbag? Con i nostri parafulmini e i limiti di velocità. Con l’alimentazione corretta e il giusto apporto di sali minerali. Con i nostri aerei sempre più sicuri e le nostre case finalmente libere dagli incidenti domestici? Ci siamo montati la testa. E Dio o chi per lui ci punirà. E’ così. Nessuno l’ha fatta franca così a lungo come noi.

Perchè se, come si dice, c’è un po’ di Dio in ognuno di noi, beh la parte di Dio che è in me mi dice che i primi della classe sono insopportabili e che alle volte meritano di essere presi a pedate e cacciati dall’aula, con un applauso sentito e scomposto dei ritardati che finalmente liberi potranno ricominciare a mangiare sereni e avidi pastelli a cera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Napoli ha 52 santi patroni

scritto da sanfedista il 25 settembre 2012,12:26

Napoli ha 52 santi patroni. 52 anime sante che dovrebbero sovrintendere il corretto funzionamento della città. L’unica città che solo lontanamente si avvicina a questo numero è Venezia con 25 patroni. San Gennaro quindi è in ottima compagnia. San Gennaro fu scelto come patrono principale in seguito a un’eruzione del Vesuvio e annessa carestia. Il santo patrono preferito all’epoca era Sant Agrippino. Durante l’eruzione i fedeli quindi chiesero l’intercessione al Santo. Con scarsi esiti; il Vesuvio continuò nella sua opera distruttrice come e più di prima. Allora alcune pie donne si rivolsero in segreto a San Gennaro. Di lì a poco il vulcano tacette. La notizia volò di bocca in bocca ed allora la gente in tumulto in pochi istanti allora mandò in pensione il vecchio patrono e si votò a San Gennaro, con beneplacito della curia . Ancora oggi il santo è rappresentato con la mano verso il Vesuvio intento a fermare la lava per proteggere i cittadini. Che città pazzesca. Di Seguito la lista dei santi patroni:

  1. San Gennaro
  2. San Tommaso d’Aquino
  3. Sant’Andrea Avellino (1622)
  4. Santa Patrizia Vergine (1625)
  5. San Francesco di Paola (1625)
  6. San Domenico di Guzman (1641)
  7. San Giacomo della Marca (1647)
  8. Sant’Antonio di Padova (1650)
  9. San Francesco Saverio (1654)
  10. Santa Teresa d’Avila (1664)
  11. San Filippo Neri (1668)
  12. San Gaetano di Thiene (1671)
  13. Sant’Agnello abate (1671)
  14. San Severo Vescovo di Napoli (1673)
  15. Sant’Agrippino Vescovo di Napoli (1673)
  16. Sant’Aspreno primo Vescovo di Napoli (1673)
  17. Sant’Eufebio Vescovo di Napoli (1673)
  18. Sant’Atanasio Vescovo di Napoli (1673)
  19. San Nicola di Bari (1675)
  20. San Gregorio Armeno Vescovo e Martire (1676)
  21. Santa Chiara d’Assisi (1689)
  22. San Biagio Vescovo e Martire (1690)
  23. San Pietro da Verona (1690)
  24. San Giuseppe sposo di Maria Vergine (1690)
  25. San Michele Arcangelo (1691)
  26. San Francesco d’Assisi (1691)
  27. Santa Maria Maddalena de’ Pazzi (1692)
  28. San Giovanni Battista (1695)
  29. San Francesco Borgia (1695)
  30. Santa Candida Iuniore (1699)
  31. Santa Maria Egiziaca (1699)
  32. Sant’Antonio abate (1707)
  33. Sant’Ignazio di Loyola (1751)
  34. Santa Maria Maddalena (1757)
  35. Santa Irene Vergine e Martire (1760)
  36. Sant’Emidio Vescovo e Martire (1760)
  37. San Raffaele Arcangelo (1797)
  38. Sant’Anna madre di Maria Vergine (1805)
  39. San Luigi Gonzaga (1835)
  40. Sant’Agostino Vescovo e Dottore della Chiesa (1835)
  41. San Vincenzo Ferrer (1838)
  42. Sant’Alfonso Maria de’ Liguori (1840)
  43. San Francesco Caracciolo (1843)
  44. San Giovan Giuseppe della Croce (1845)
  45. San Pasquale Baylon (1845)
  46. San Francesco di Geronimo (1845)
  47. San Rocco (1856)
  48. San Gioacchino padre di Maria Vergine (1895)
  49. Santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe (1901)
  50. Santa Lucia vergine e martire (1903)
  51. Santa Geltrude (1927)
  52. Santa Rita da Cascia (1928)
 
…più impegno ragazzi, e che cazzo!
 
 

                                                                                                             Duomo di Napoli

 

 

 

 

 

 

 

parole invisibili

scritto da sanfedista il 19 settembre 2012,16:46

 

 

 

La parte per il      , continuava a ripetersi. Si doveva concentrare sul foglio pieno di scritte, con il bianchetto che non           abbastanza, ed allora potevano ancora intravedersi pensieri cassati perchè troppo veri o pericolosi. Di tutto   di più saltava fuori dal cassetto della memoria, ma anche tutto si nasconde come un Houdinì che          in una cassa per non riapparire più o riapparire altrove con sommo stupore della gente.      quando fuori piove, le carte che mescolate producono infinite complicazioni e la mano giusta proprio non arriva.     soluzione non c’era, o meglio c’è n’erano infinite che è uguale a dire nessuna. Si sarebbe quindi dovuto affidare al caso, magari con testa o croce, ma non aveva neppure una        nelle tasche. Ancora più difficile quindi. In mezzo a tanto rumore non riusciva a concentrarsi, il treno, l’autobus alla fermata, come è vero che il silenzio è      . Ripeteva al cuore: “lo farai     tu lo voglia o no”. Ma dal petto nessuna risposta, anarchia pura, ma un’anarchia silenziosa, stranamente non rivoluzionaria, un’anarchia passiva e bianca. Il ghiaccio nei bicchieri sembrava un iceberg, ed il pensiero         .  quell’istante il cielo appariva così basso da potergli tirare un pomodoro contro e sporcarlo di rosso, le onde del      invece erano lontane e quasi sembrava che dalla spiaggia s’infrangessero a largo e non il contrario.

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Frase del giorno

scritto da sanfedista il 18 settembre 2012,11:37

 

 

 

 

 

L’Eristica è la mia nuova filosofia preferita.

 

 

 

 

frase del giorno

scritto da sanfedista il 14 settembre 2012,16:21

Due follie fanno una ragione?
Due dubbi fanno una certezza?
Due certezze fanno un dubbio?

…anche fosse il giorno dei più neri…

 

 

 

 

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il rischio dei ricchi

scritto da sanfedista il 12 settembre 2012,14:44

…il rischio dei ricchi è vivere nell’ossessione che la gente si avvicini a loro solo per la ricchezza…
finiscono in questo modo per essere solo dei cardini che incardinano zeri.

 

 

 

 

 

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Ultima notte a Saigon

scritto da sanfedista il 6 settembre 2012,23:50

Saigon (stella del sud)

ore 00.48

Charlie ha vinto su tutto il fronte. I bilanci non si fanno quando dalla prima linea tornano solo i cadaveri. Sono caduti tutti. Abbiamo resistito finchè ce n’è stato. Scarsi a munizioni e viveri, con il nemico che soverchia. No, no, sarebbe insensato e folle restare. Eppure noi avremmo sparato ancora perchè le cose insensate e folli sono quelle che differenziano la vita dall’esistenza. Fiamme ovunque, zanzare raddoppiate. Alcool non più centellinato poichè domani non ne avremo più bisogno qui. Saigon è persa ma è oramai svelata, il suo fascino arcano è ora noto e l’abitudine, fosse anche quella della trincea, è deleteria ed è comunque meccanica, industriale e standard. C’è chi dice che almeno ho portato la pelle a casa. La pelle, ma lascio qui un morso di cuore. E poi c’è ancora un’ultima notte.
Progetti per domani? Non torno alla mia vita normale. Non ne ho vissuta una eccezionale e poi la vita non è mai normale. Perlomeno non per me.
Stanotte ultimo giro di guardia, ultima ronda, ultimo sguardo a questo posto che ho odiato, che ho combattuto, ma a cui ho appartenuto. Si torna a casa, c’è qualcosa di più dolce? Quanti posti al mondo chiamiamo casa? Eppure Saigon pur non essendo casa è stato per me molto di più. Un luogo, un nemico intravisto, battaglie vinte, un mezzo, cicatrici e conseguenti medaglie. Saigon è stato per me quello che il viaggio è stato per Ulisse. Ossessionato da Itaca. Ma non sarebe stato Ulisse se non avesse compiuto il viaggio, tanto che quando raggiunse infine Itaca si dice ripartì. Ostinazione, passione e nostalgia. I lampi dell’ultimo fuoco di copertura brillano come non mai. Sono certo che anche al nemico mancherò perchè non ci sono charlie se non ci sono invasori. Non ci sono eroi in tempo di pace. La guerra prosegue, come disse Badoglio, non qui. Non ora perlomeno. A casa mi guarderanno all’inizio come un veterano, durerà però poco perchè chi non è stato a Saigon, uscendone vinto, non capirà mai il senso vero di una tensione costante che ti spingeva contemporaneamente su due poli opposti. Combattere o tornare. Sono cocciuto, caparbio e stronzo. L’avessi combatutta secondo le mie regole l’avrei vinta. Invece torniamo.

Generazione generosa, pura, la migliore di sempre, ma le munizioni finiscono, i pugni sanguinano e ci si ritrova come scintille di una forgia, di un fabbro, sparati nel buio.
Ultima notte a Saigon, ma la divisa non la brucio, tornerà utile, qui o altrove.

 

Chiudo con un comunicato:

La società delle rose rosse entra in sonno. I membri sono tenuti ad operare in silenzio senza però riunirsi. Valgrand ha avuto un incidente, si è schiantato su di un muro. E’ morto, ma c’è chi giura che il secondo prima dell’impatto avesse un sorriso vero, grande, reale, come se tutta la sua vita precedente l’avesse condotto a quell’istante ed in quell’istante avesse trovato la sublimazione del suo essere. Onore a Valgrand e che le sue gesta siano ricordate in eterno. Gli esempi di follia in questi tempi di cautela sono preziosi. Onore a Valgrand.

 

In appendice il link al primo dispaccio, risalente a 4 anni fa:

http://www.sanfedista.it/2008/06/24/saigon/

 

 

 

 

tanto è inutile

scritto da sanfedista il 3 settembre 2012,22:54

I Cubetti di mercurio
Non li scioglie nemmeno il martini
Le sigarette non sono torce olimpiche
Che se mi fermassi ora non sarei un bel fossile tra  30 milioni di anni. 

_________________________________________________________

che salta come rana lacustre
di ninfea in ninfea
luce verde arborea è rete d’aria
che accalappia moscerini, zanzare e pensieri
i volumi maggiori pesano e non spiccano nemmeno in volo
fisica, meteorologia e  fantasia
complottano in segreto affinché il peso non s’alleggéri
il vento non spiri e il sogno si perda nel respiro pesante
e come il buio non superi la notte. 
E se per caso poi vince e vola è illusione ottica, follia o suggestione.
Dietro un grosso masso non ci può essere un unicorno
e se pure lo scorgi, e ne sei certo, taci, tanto loro distoglieranno lo sguardo
e rivolti al cielo, stupiti, costateranno che c’è il sole.
Bella scoperta. 

 

 

 

 

 

 

 

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Mozziconi

scritto da sanfedista il 2 settembre 2012,11:59

C’è un film di Fantozzi in cui la moglie, Pina, s’innamora dell’orrido Cecco, panettiere butterato. Fantozzi incomincia ad avere segnali su chi sia che ha fatto perdere la testa alla moglie quando incomincia a trovare pane nei posti più strani della casa. Nella lavatrice, negli armadi, nei cassetti…La moglie infatti pur di vedere Cecco comprava tonnellate di pane. Io a questo punto dovrei essere innamorato del mio tabaccaio. La mia casa è sommersa da pacchetti di sigarette e sopratutto da posacenere pienissimi. Eppure il mio fido Chamind, collaboratore domestico zen, è tornato all’opera dopo il viaggio in patria. Si è fatto una casa in Sri Lanka tipo quella di Tony Montana in Scarface. Qui però è pieno di mozziconi. Mancano gli accendini, come sempre.

 

 

 

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