Lucio Dalla, il mio cenacolo ideale pt. XVI

scritto da sanfedista il 4 marzo 2012,21:30

 

4 marzo 1943 –  1º marzo 2012, cantautore

 

“La bellezza di Totò è la bellezza di Napoli. Napoli sembra una città, ma è una nazione […] Io non posso fare a meno, almeno 2-3 volte al giorno di sognare di essere a Napoli. Sono 12 anni che studio 3 ore alla settimana il napoletano, perchè se ci fosse una puntura da fare intramuscolo, con dentro il napoletano, tutto il napoletano, che costerebbe 200.000 euro io me la farei, per poter parlare e ragionare come ragionano loro da millenni.”

“Tre più tre per lui fa sempre sette”

 

Il più grande divulgatore di motori non pilota. Il più grande dandy contemporaneo della musica. Appassionato d’arte, di storie romantiche, d’appendice, narratore di immagini decadenti. Guardava verso il futuro, ma lo guardava voltato di spalle, girando la testa. La sua musica nell’aria passava come potrebbe passare la Cisitalia 1100 di Nuvolari a Radicofani, sporca, sfasciata, precaria, ma elegantissima comunque. Una visione in una nuvola di fumo. Un ritratto frastagliato come una figura di Willem de Kooning o una macchia di Burri. Musica intrappolata in lamiere o inabissata sul fondo marino. Dolcissima e così vera che alle volte fa un po’male.

Thomas Chatterton, il mio cenacolo ideale pt. XV

scritto da Sanfedista il 27 aprile 2009,15:49


1752 – 1770, poeta.

 "Il mio amore è morto andate al suo letto di morte, tutti sotto il salice piangente"

Probabilmente della genialità aveva solo l’età in cui si espresse. Poeta e plagiatore di poesia medievale, dedicò la sua brevissima esistenza all’arte.
E’ stato un piccolissimo tratto di matita nella letteratura mondiale, ed ora la sua memoria sta scomparendo.

Divenne il Nume tutelare dei geni incompresi e misconosciuti e per questo assurse a icona dei romantici prima e dei decadenti poi.

La sua morte non fu naturale e per questo ancora più fascinosa, si tolse la vita avvelenandosi con arsenico per non patire fame.

Oggi la sua figura dovrebbe essere ben chiara invece, perchè potrebbe essere esempio per chi costringe ad un certo tipo d’arte giovani, spettacolarizzando la loro formazione. La tv ne è piena.

L’oblio gli è stato serrato intorno dalla scomparsa dei suoi difensori, che scomparendo spensero la luce anche sui miti di cui vivevano. Alla morte del romanticismo solo un ricordo poteva resistere ed era quello per i romantici stessi, non v’era spazio per chi li aveva inebriati.

Il quadro rappresenta la morte di Chatteron è di Wallis ed è del 1856.

Rileggere le sue opere ci consente di entrare in un ristrettissimo circolo e magari trasognare al rezzo aprilino, lasciando i pensieri vagare oltre i capelli sino al tardo raggio di sole che accativa l’ultima plaga salva dal buio.

Freddie Mercury, il mio cenacolo ideale pt. XIV

scritto da Sanfedista il 5 febbraio 2009,21:56

1946-1991, Compositore.

"Se rifarei tutto daccapo? Lo rifarei, in maniera differente"

"Chi vuole vivere per sempre?"

"Chi ha detto che non si può fare colazione con lo champagne?"

"Tu sei vittima del tuo stesso crimine"

Farrokh Bulsara è stato semplicemente quello che mi ha tirato su. Quello a cui ho chiesto consigli in amore, in amicizia, quello in cui trovavo rifugio. Trovava una nota per ogni sentimento, gli devo parte di quello che sono. Era il guanto bianco della musica rock, per una mano che teneva nel suo palmo un Wembley impazzito. L’estro del genio non riusciva a seguire l’eclettismo dell’uomo. Ed io lì ad aspettare quell’ultima nota, quell’ultimo fiato di voce da imparare a memoria. E’ stato tanto grande da consentire a chi lo ha amato di esserne confidente pur non avendolo mai conosciuto. Questo e null’altro, per me.

 

Primo Carnera, il mio cenacolo ideale pt. XIII

scritto da Sanfedista il 5 dicembre 2008,14:41

1906-1967, pugle, qui in foto con Jean Harlowe

"Ho preso tanti pugni nella mia vita, veramente tanti… ma lo rifarei perchè tutti i pugni che ho preso sono serviti a far studiare i miei figli. "

Quando il 22 giugno del 1933 i telegrafi comunicarono all’Italia che a New York Primo Carnera -la montagna umana- aveva battuto per K.O. alla sesta ripresa il campione del mondo Jack Sharkey, un’ovazione percorse all’unisono la penisola. L’Italia per la prima volta aveva un campione mondiale dei pesi massimi. Carnera era italiano fino all’ultima cellula, in quegli anni di estremo consenso indossava la camicia nera e telegrafava dopo ogni vittoria al Duce, aveva una famiglia perfetta e veniva su dalla miseria più nera.

Disciplinato e generosissimo, rifiutò svariati compensi versandoli alla Patria e prese un ceffone in pieno volto dal padre, quando già campione del mondo tornò a casa alle 21 e non alle 19, orario stabilito per la cena.

Il suo primo paio di scarpe nuove furono degli anfibi trafugati ad un soldato austriaco morto: girava per cercare qualcosa da mangiare, il padre era al fronte e la madre aveva venduto la fede, quando si imbattè in un soldato impiccato con la sua stessa taglia di piede il 52.

Mosaicista come il padre, carpentiere, circense e poi pugile. Girò il mondo e perse i denti per il pane. Mai domo morì a circa sessantanni garantendo però un futuro migliore alla famiglia, i suoi nipoti vivono in america e sono psichiatra e chirurgo; Primo sicuro da lassù si bea al ricordo di quel gancio che prese in piena faccia da Baer, ne prenderebbe altri cento solo per il gusto di vedere i nipoti in camice bianco, lui che lasciò la quarta elementare…

In un momento duro per l’economia, inviterei lui a raccontarmi di come ci sia riuscito, ad insegnarci che lo spirito e la volontà alle volte leniscono anche un po’ la fame.

Un esempio.

Frédéric François Chopin, il mio cenacolo ideale pt XII

scritto da Sanfedista il 20 settembre 2008,01:03

1810-1849, compositore.

"Ogni difficoltà su cui si sorvola diventa un fantasma che turberà i nostri sonni"

"Tu sei per me la porta del Paradiso. Per te rinuncerei alla fama, al genio, ad ogni cosa"

"Chopin è così debole e timido da poter venir ferito persino dalla piega di una foglia di rosa" (George Sand su Chopin)

Era da un po’ che non invitavo nessuno a cena, un po’ per il mio trasferimento, un po’ perchè la casa doveva essere arredata, un po’perchè l’argenteria era da lustrare ed i cristalli non brillavano. Stasera ho chiamato lui: Fryderyk Franciszek Chopin, o alla francese come da titolo.

Tastiere e pianoforti hanno in comune il potere di riempire gli spazi,  a ciascuno il suo modo. Io stasera ne avevo bisogno del maledetto polacco, perchè mancava solo lui per riempire la sala con la musica mentre la mia anima andava colmandosi di dolcissimi pensieri. Finisco a scrivere in "romantico", sarà che mi contamino con le sue note che passano mentre scrivo, che la tastiera è un po’ pianoforte, a quest’ora dove l’immaginazione è lecita e spinge sempre di più verso il sonno, che vuole liberarsi per viveve quella metà che spetta al "vorrei".

Chopin scriveva musica nel tempo che avanzava alla sua malinconia, al suo amore per George Sand (a dispetto del nome una meravigliosa artista), Chopin fu uomo così combattuto che il suo corpo dorme a Parigi ed il suo cuore è racchiuso a Varsavia.

I notturni mi sembrano ora la scelta più indicata; è proprio buio fuori e la pioggia sferza sul golfo; sì i notturni, credo che ascolterò proprio quelli, aspetto solo che finisca il valzer minuto e poi davvero raggiungo il sonno, davvero.

Oscar Wilde, il mio cenacolo ideale pt. XI

scritto da Sanfedista il 18 marzo 2008,13:25

1854-1900, artista, dandy, decandente.

"Nessun gentiluomo fa mai ginnastica"

"E’ una cosa terribile per un uomo scoprire improvvisamente che per tutta la vita egli non ha detto altro che la verità"

"Tutte le donne diventano come le loro madri. Questa è la loro tragedia. Gli uomini no. E questa è la loro tragedia"

"Nel caso di donne molto affascinanti, il sesso è una sfida, non una difesa"

"C’è sempre qualcosa di ridicolo nei sentimenti di chi non si ama più"

"Stupisco sempre me stesso. E’ l’unica cosa che renda la vita degna di essere vissuta"

"Almeno una volta nella vita ogni uomo cammina con Cristo verso Emmaus"

 

 

Aggiungo solo che era alto circa un metro e novanta, tutte le parole mi si seccano come tralci tagliati.

Carmelo Bene, il mio cenacolo ideale, pt. X

scritto da Sanfedista il 13 febbraio 2008,11:52

1937-2002, attore.

 

"Il talento fa quello che vuole, il genio fa quello che può. Del genio ho sempre avuto la mancanza di talento"

"Detesto anche la nazionale azzurra, però lo dico. Non me ne fotte nulla del Rwanda, però lo dico. Voi no, non ve ne fotte, ma non lo dite! Non sono eroico; me ne infischio di me stesso, del governo, della politica, del teatro…"

"Si nasce e si muore soli, che è già un eccesso di compagnia."

"I giornalisiti sono impermeabili a tutto. Arrivano sul cadavere caldo, sulla partita, a teatro, sul villaggio terremotato, e hanno già il pezzo incorporato. Il mondo frana sotto i loro piedi, s’inabissa davanti ai loro taccuini, e tutto quanto per loro è intercambiale letame da tradurre in un preconfezionato compulsare di cazzate sulla tastiera. Cinici? No frigidi."

"Sono apparso alla Madonna"

 

Esagerazione di citazioni? No, e neanche esagerazioni e basta. Carmelo Bene è stato uno dei più grandi istrioni che l’Italia abbia mai conosciuto, intendo l’Istrione vero, non l’istrionismo che si attribuisce con faciltà al primo coglione che regge uno spettacolo di un’ora. Carmelo Bene era trave scricchiolante di maestoso palco, era il più duro guanto vuoto mai riempito dalla mano di un personaggio da interpretare. Invito ai pochi, fortunatamente, che s’intrattengono su questo mio spazio di approfondire la conoscenza di Bene…ed essere circonfusi per un attimo da un uomo nato con la faccia infarinata e mai soggiogato dal pubblico.

Un essere altero che impose, che ripagò il pubblico e il successo con l’indifferenza quasi con disprezzo; perchè le luci del palco illuminavano lui, la voce piena era la sua, la platea, si sa, è silenziosa e al buio…

 

Vincent van Gogh, il mio cenacolo ideale pt IX

scritto da Sanfedista il 4 febbraio 2008,23:21

1853-1890, pittore.

"Se varrò qualcosa più in là, la valgo anche adesso, perché il grano è grano, anche se i cittadini all’inizio lo scambiavano per erba."

"Forse saprai che la peonia è di Jeannin, l’altea appartiene a Quost, ma il girasole è in qualche modo mio…"  

Avrei potuto mettere un qualsisasi dei suoi quadri, ma lo voglio guardare nei suoi occhi incerti; un pittore che ha del soprannaturale, il meno capito in vita, il più frustrato, è stato il più stuprato dopo. Anche un inclita può riconoscere una sua tela, i poster con i girasoli "affrescano" tutte le stanze degli adolescenti snob che non guardano Moccia ma che non vanno oltre lo stereotipo. Ma Vincent mi piace così, perchè pur essendo così dannatamente di tutti e così drammaticamente mio. E’ come trovare un piccolo spazio in una comune hippy, ed io rido riguardo il suo "campo di grano" e mi verrebbe voglia di dargli un pugno, di farci a botte di dirgli:" Bestia, dipingi peggio così finirai nell’oblio e la tua opera sarà solo mia". Ma non posso e mi odio un po’ perchè una volta tanto per me non vale il motto "Rari nantes in gurgite vasto"; sono a Ibiza in fila per entrare all’Amnesia: sudore e calca, mi spingono tutti, ma mi piace da morire e nulla posso farci, questo è per me Van Gogh.

Davvero molto pop, mr Starry Starry night.

Frank Sinatra, il mio cenacolo ideale pt. VIII

scritto da Sanfedista il 20 gennaio 2008,19:00

1915-1998, cantante.

"La sua musica è fatta da deficienti che cantano testi maliziosi, lascivi, per parlare chiaramente: sporchi. Ha finito con il diventare la marcetta di ogni furfante sulla faccia della terra. È la più brutale, brutta, disperata, perversa forma di espressione che io abbia avuto la sfortuna di ascoltare." Frank Sinatra, parlando di Elvis Presley.

Esattamente l’inverso di quello che diceva sulla musica, del pur grandissimo, Elvis si può dire sulla musica di Sinatra. Furioso e carismatico, Sinatra frequentava la mafia americana, la casa bianca, le chiese di Manhattan e il Flamingo’s a Las Vegas. Italiano quanto lo possono essere gli americani, Sinatra è un lucchetto al cuore, uno smoking sporco. La voce fatta di pelle e  dollari, l’occhio azzurro furbo, di chi ancora una volta l’ha scampata bella. Ha fatto, insieme al "Re", la storia di Las Vegas, quando morì furono spente, unica volta nella storia, tutte le luci dello Strip (il celebre corso), poi di nuovo monete tintinnanti e slot impazzite a clebrare i nuovi miliardari per una notte. Il suo sorriso bianco come le striscie della bandiera funzionava di più di un colpo di pistola, il suo stacco finale in my way vale di più di un’assoluzione plenaria al giubileo, non solo ti senti assolto, ma rimpiangi tutte le cazzate che hai fatto nella tua vita…

Rocky Marciano, il mio cenacolo ideale pt VII

scritto da Sanfedista il 3 gennaio 2008,17:37

Walcott vs Marciano.

1923-1969, pugile.

Brockton BlockBuster, eh eh…

Magari non ci parlerei di nulla, ma avere davanti a se una delle stille più pure della nobile arte già basta. Campione del mondo, unico ritirato imbattuto. I

Il pugilato è diverso da tutto il resto; è fatto di sudore e viso aperto; l’abbraccio a fine gara fa del pugile una quasi divinità. Il guantone è grondaia, non è membrana. Il colpo dato con l’ultima forza che regala una vittoria è più che metafora, è l’exemplum che andrebbe tenuto a mente in ogni istante della propria esistenza. Condurre al fiato corto, colpire lì dove si è appena aperta una ferita e continuare a martellarla non è crudeltà, è ricamo, è cesellatura d’orafo. Le corde, il tappetto: porzioni di natura ricreata dall’uomo. Il gong finale, un’altra lezione, una sofferta liberazione.