La notte

scritto da sanfedista il 1 dicembre 2015,16:45
la fiocina a punta, quel colpo di biliardo,
lo schiocco, lo stendardo, quel vento a primo giorno.
La scala al paradiso? io scivolo all’inferno
rincorro sul tuo viso le lacrime dolcissime
son lame all’imbrunire le righe del quaderno.
mi  ascolti nel rumore, ti vedo nel silenzio
e afferro con le mente il sonno tra le dita
scompare velocissimo.
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BUIO

scritto da sanfedista il 17 aprile 2015,16:19
nel centro esatto della notte. nel germoglio più rigoglioso, l’ultimo secondo di buio che esploda in alba. nell’ora in cui più s’affatica il lampion a render fioco il nulla. e il trascorrer del tempo è giacca che a una mano nera s’incaglia e strappa. ed anche la polvere sul cubetto di pietra del manto s’appesantisce di buio; minuscola, quasi all’uomo inapparente è buia anch’essa e adagiandosi nello scuro s’amplia a dismisura divenendo essa indiscindibile dall’immenso. unendosi all’oscuro diventa il tutto presente, che avvince colla forza anche la montagna, un grano di polvere di strada al buio.
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la corda

scritto da sanfedista il 19 marzo 2015,16:36
dove fuggi via? dove di fretta scompari nel bosco? Da dove mi guarderai voltandoti?
l’aria di che luogo si farà vento sulla faccia per il tuo correre. Quanto allungherai la corda, quanto la allungherai prima di renderti conto che non esiste, che arrivata ai confini del giorno nulla ti tratterrà la caviglia?

senza metafore

scritto da sanfedista il ,15:50
eppure imparai a scrivere senza metafore. imparai a scrivere e a descrivere senza più paragonare i pensieri agli stagni salati, le lacrime a gocciole di catini che scorrono via solo quando il recipiente è colmo, o te a un grammo di elemento chimico appena scovato. imparai ad osservarti senza paragonarti a nulla, mi liberai dal tutto l’inutile che distoglieva il pensiero dall’essenza di te riassunta in te. La mente non s’allontanava dal tuo concetto in cerca di parole già dette o panorami visti, fisso su di te, come il mio occhio fisso su di te. Un nuovo assoluto, un paragone senza precedenti.  

Una pagina bianca

scritto da sanfedista il 23 febbraio 2015,16:04
su tutte le cose visibili e invisibili, su tutto quello che ancora dobbiamo fare, su quello che abbiamo fatto e su quello che stiamo vivendo. Un tempo io credo di essere stato un altro. Io non penso di essere alla mia prima esperienza di vita. Non voglio definirla reincarnazione, non saprei come chiamarla, ma molte cose che vivo mi sembrano troppo banali per essere successe solo la prima volta. molte cose, la maggior parte invero, non mi stupiscono nè mi rendono particolarmente allegro. ho sempre creduto si trattasse di indifferenza al vivere, un cinismo distaccato che ti fa apparire tutto, anche le più grandi novità, assolutamente svuotate da ogni forma di emozione. mi odiavo però, quando pensavo questa cosa mi odiavo, mi chiedevo perchè io tra tanti fossi stato infettato con il seme dell’indifferenza, del sublime distacco ma anche della assoluta svogliatezza nel cimentarsi nelle opere a causa di una sensazione costante di essere già arrivato. oggi incostante anche nell’odiarmi ho trovato una soluzione migliore. io sono alla 40 esima vita. ho già fatto un bel percorso di strada, ho già vissuto accadimenti, ere e grandi personaggi quindi oggi un nuovo amore oppure una tragedia globale non mi fanno in alcun mondo singultare il cuore, nè nel bene nè nel male.
 
Sono una barca nella corrente. Non una zattera nè un tronco, ma uno splendido bialbero con la carena bianca e il tek lucidissimo. Con i bronzi perfettamente lucidi e con un intero equipaggio in una immacolata uniforma bianca e assolutamente pronto ad ogni evenienza. Ma comunque in balia della corrente. Dettaglio un po’ perchè non voglio si pensi che sono in balia della corrente per un qualche stato di necessità o inadeguatezza. Non sono incapace di oppormi ai flussi e tracciare una rotta, non mi mancano nemmeno i mezzi. Io sono nella corrente per scelta inconsapevole. Mi ci sono trovato.
 
L’immagine di me ammetto non è delle migliori. In una società in cui si rimarca costantemente l’idea di scelta, di decisione, di consapevolezza, noi indecisi inconsapevoli ne usciamo abbastanza devastati. Non ci scelgono mai per vendere i profumi “Gator il profumo per l’uomo indeciso”; “Tribol l’essenza per il maschio inconsapevole”. Eppure noi indecisi per scelta, noi volenterosi disillusi siamo credo la spina dorsale della società, i questori dell’equilibrio. Io nella vita ho avuto tutto. No forse tutto no, ma tanto si sicuramente. A 18 anni ho avuto una automobile che volevo, non un’automobile. Un’automobile che volevo. Una macchina che avevo valutato e scelto. A 21 dopo soli 3 anni avevo una mini cooper nuova 24 mila euro senza nemmeno fare in tempo a dire “…vorr…”. Che puff l’avevo sotto il sedere, e non era venduta da sola, ma aveva in dotazione sempre una splendida ragazza. Una volta stavo guidando con la mia macchina nuova, la mini rossa con il tetto bianco, verso pozzuoli. Avevo accanto una splendida ragazza. Aveva un vestitino bianco di cotone che la fasciava totalmente, aveva capelli neri mossi, occhi scuri, e carnagione scura, una borsetta rossa e un caldo odore di miele e abbronzatura, quell’odore salmastro e caldo. Guidavo con un po’ di musica, era il secondo appuntamento, quando un po’ di vento entrò dal finestrino. Lei ebbe un brivido e le si inturgidirono i capezzoli, visibilissimi da quel vestito. La guardai, li guardai lei mi guardò, e scoppiò a ridere, mi eccitai e se ne accorse, e senza interrompere in alcun modo il silenzio, fatto di sguardi e sorrisi, si chinò gentilmente su di me, mi slacciò i pantaloni e mi fece un pompino mentre guidavo. Fu una delle 7 volte in vita mia che sono venuto con un pompino.
 
Ecco come sono stati i miei 20 anni. Una lunghissima strada, percorsa al tramonto estivo, tra il Vomero e Pozzuoli, verso un bar sul mare, guidando una mini mentre una splendida ragazza mi faceva un pompino. Ovviamente con musica in sottofondo.
 
A 20 anni mi sembrava davvero interessante che la vita avesse scelto per me. In fondo non aveva sbagliato un colpo. Ero nato nel lato giusto del mondo e nell’emisfero giusto. All’interno di questa élite facevo parte di una ulteriore élite. Papà direttore generale, mamma dolce e dedita. Nobile di famiglia, case in montagna (una sugli appennini, in Abruzzo e l’altra sulle alpi in Sud Tirolo), casa di proprietà con con camera vista golfo di Napoli, cameriere, baby sitter, scuola privata, università con feste annesse e viaggi nei 5 continenti (in tutti e 5). Insomma io era quel fottuto 0,075% del mondo, del genere umano, della specie, che rientrava nella definizione di “ricco”. Cazzo vi rendete conto? Un ottimo giro iniziale di roulette. Io signori la mia lotteria l’ho già vinta. C’è gente che gioca per una vita il lotto, guardando con trepidazione i numeri della estrazione e sognando di avere grazie alla vincita anche solo un quarto di quello che io già possedevo il 24 aprile del 1982 venendo al mondo alle 6 precise di mattina. La vita aveva scelto bene per me, e Dio, non avrei mai voluto smettesse di scegliere per me.
 
Ero felice? Beh sissignore lo ero! O forse no. Per la verità avevo conosciuto l’infelicità abbastanza presto nella mia vita. Forse appena sviluppata la ragione. Mi concentravo più sulle cose brutte, su quelle che andavano storte piuttosto che su quelle belle. Una macchinina rotta mi faceva pensare di più di una macchinina appena regalata, nuova. Al liceo, una scuola privata di snob dove quanto valevi, veniva interpretato dai compagni in maniera letterale e dove non ci si chiamava compagni ma “amici di classe”, una classe agiata, sviluppai uno smodato amore per lo scrivere. Ho sempre scritto, sempre da che ne abbia memoria, ma al liceo scrivevo di più. Scrivevo perché avevo bisogno di ricrearmi uno spazio per essere io senza me. Io senza me significava io nudo, io senza la variabile fortuna, io che decidevo, l’esito della pagina bianca e chi essere nei ricordi e nei progetti….

l’angelo sterminatore

scritto da sanfedista il 30 gennaio 2015,12:13

La scrivania incomincio a vibrare, così come i vetri e le tazze. La vibrazione si fece sempre più incessante, totale. Con la vibrazione si cominciarono ad aprire delle crepe nei muri che confluivano tutti in un unico punto del soffitto. Che diventava una sorta di stella marina. Che decorava in questo modo il soffitto bianco, dal quale cominciarono a cadere calcinacci, prima sotto forma di piccoli frammenti poi sempre più grandi. Fino a squarciarsi una vera e propria falla. Un buco sul soffitto, capace di far vedere distintamente il soffitto del piano ancora superiore. Io riconobbi subito il rassicurante odore di zolfo, unito al fumo: era senza alcun dubbio lui. L’Angelo dello Sterminio, l’angelo dello sterminio che era venuto a giudicare tutti noi dell’ufficio.

Tutti noi che sedevamo in queste misere scrivanie. Poco più che tavole da mensa Caritas, con dei vecchi monitor, alimentati da pc ancora più vetusti. L’angelo in genere sottoponeva i tutti a specifiche domande per valutare la preparazion di ognuno, per comprendere in che modo la cultura era permeata nelle menti dei giudicati. Una valutazione positiva, almeno basica, avrebbe consentito al soggetto di avere salva la vita. In caso negativo invece si sarebbero aperti per i malcapitato, le porte dell’inferno. Io ero sereno. Sprofondavo nella scomodissima poltroncina in finta pelle verdolina. Finalmente  il tempo trascorso sui libri, i pomeriggi e le notti trascorsi ad annusare le pagine dei volumi di filosofia, di storia, di arte classica e moderna, in cui i miei occhi luccicavano dalla stanchezza e dalla gioia, sarebbero stati ricompensati. La mia cultura faticosissimamente sottratta all’oblio, all’ignoranza diffusa, alla mediocrità fatta di volumi in dispense, programmi tv in cui la cultura era premetabolizzata e spettacolarizzata, sarebbe stata riconosciuta. La cosa più bella, il mio premio, però sarebbe stata veder polverizzati gli incliti. Mi sarei goduto questo favoloso spettacolo. L’angelo sterminatore era qui ed era venuto a giudicare le nostre culture. La più bella lotteria del mondo. L’angelo sterminatore non perse tempo e nemmeno voce, al sol guardare i miei colleghi s’accorse della loro infima estrazione culturale. Le loro faccie abbrutite dalla ignoranza, le loro mani anchilosate dal non sfogliar mai nulla, parlavano per loro. L’angelo allora mi guardò complice e l’istante dopo al posto degli altri c’era solo un mucchio di cenere. Un maestoso mucchio di cenere. Non fui soddisfatto per la verità. Mi sarei aspettato maggiore sofferenza, maggiore strazio. Ed invece tutto risolto in un semplice puff. Uno ZOT ben assestato. E tutto era finito. L’angelo allora si rivolse e me e mi propose di aiutarlo nella sua opera, mi prese per mano e volammo via insieme, parlando delle monadi, della guerra contro mitridate e di mario e silla. parlammo del cinema di autore degli anni 40. della pittura del luca giordano ma anche di pollok (ad entrambi non piaceva). Volavamo sul mondo, e giudicavamo tutti, e finalmente la mia cultura era riconosciuta e sopratutto rispettata. Non era più “intellettuale non significa niente” oppure “io capisco che sei intellettuale ma non sono gli intellettuali a portare avanti il mondo”, a queste risposte seguivano colonne di fumo e tutto fu cenere.

Al ritorno dell’autunno

scritto da sanfedista il 23 settembre 2014,14:40

C’è poi chi dice che mi sia sposato, chi dice che addirittura abbia comprato casa, viva a Napoli e lavori lì. Chi mi ha visto di recente lo sa bene che sono tutte dicerie prive di ogni fondamento. Sono qui come sempre ad aspettare l’autunno. Che è arrivato. Sono stato in america questa estate, ma non l’america finta, l’america creata a tavolino, ma l’america vera. Gli Stati Uniti. Tutto il resto, il sud e il centro, sono semplicemente luoghi disagiati come gli altri. Ed allora andiamo in Affrica no?
“Sembrare e non essere è come filare e non tessere”. Lo ha detto ieri la nonna, quasi 90 enne. E’ una frase che suona troppo bene per ragionarci su, anche perchè che differenza c’è tra filare e tessere? Oggi chi la conosce la differenza? Come d’altronde tra sembrare ed essere. 
Buon autunno a tutti. 

Considerazione serale

scritto da sanfedista il 8 maggio 2014,22:06

questi granelli di polvere che respiriamo da quale tempo arrivano? Me lo dici?

Inspirare

scritto da sanfedista il 1 luglio 2013,16:58

Devo assolutamente centellinare l’ispirazione. Sono manchevole sotto molti punti di vista in questo periodo. Devo scrivere per il giornale un articolo su Truman Capote a Ischia. Sto prendendo la rincorsa da un po’ di tempo. Ma rimane ancorato come un’isola in una baia. Il pezzo non esce. Il clima è delizioso qui a Napoli. Sabato sera sono stato a Palazzo Marigliano. Al centro storico. Un posto particolare come molti in questa città. Entri in un grande portone in un vicolo, c’è un cortile interno. Sali due rampe di scale e ti trovi al cospetto di un tempio greco (l’edificio è un falso settecentesco di stile pompeiano) immerso in un giardino. Con un fontanile come sfondo. Serata bella. Si esibiva un trombettista jazz di Chicago. Ubriaco alla seconda nota. Ma i jazzisti sono così. Immersi nel giardino con un folto gruppo di socialisti contemplanti opulenze settecentesche e il trombettista, mi sono chiesto quanti votassero Berlusconi. Una mia arguta amica mi ha risposto “almeno la metà”. Ho sorriso. Va bene così. Come si fa a scrivere di T.Capote quando c’è un sole così. Quando c’è un sole così T.Capote non andrebbe nemmeno letto. E se usassi questa frase per cominciare? Intendo l’articolo? D’altronde sto ascoltando Justin Timberlake, e ve lo sto confessando; è quindi davvero questo il momento di scrivere schietto e infastidito un articolo e di gestire in maniera meno manchevole le cose che mi appartengono. 

 

 

amore

scritto da sanfedista il 28 gennaio 2013,23:59

…si vince solo quando non ci sono più battaglie ed in amore la guerra è infinita, perché la stessa sostanza di amore è il contrasto; è conciliare due volontà che nate diverse non potranno mai fondersi in un’unica verità ma solo in un ammissibile dubbio

 

 

 

 

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