Una pagina bianca

scritto da sanfedista il 23 febbraio 2015,16:04
su tutte le cose visibili e invisibili, su tutto quello che ancora dobbiamo fare, su quello che abbiamo fatto e su quello che stiamo vivendo. Un tempo io credo di essere stato un altro. Io non penso di essere alla mia prima esperienza di vita. Non voglio definirla reincarnazione, non saprei come chiamarla, ma molte cose che vivo mi sembrano troppo banali per essere successe solo la prima volta. molte cose, la maggior parte invero, non mi stupiscono nè mi rendono particolarmente allegro. ho sempre creduto si trattasse di indifferenza al vivere, un cinismo distaccato che ti fa apparire tutto, anche le più grandi novità, assolutamente svuotate da ogni forma di emozione. mi odiavo però, quando pensavo questa cosa mi odiavo, mi chiedevo perchè io tra tanti fossi stato infettato con il seme dell’indifferenza, del sublime distacco ma anche della assoluta svogliatezza nel cimentarsi nelle opere a causa di una sensazione costante di essere già arrivato. oggi incostante anche nell’odiarmi ho trovato una soluzione migliore. io sono alla 40 esima vita. ho già fatto un bel percorso di strada, ho già vissuto accadimenti, ere e grandi personaggi quindi oggi un nuovo amore oppure una tragedia globale non mi fanno in alcun mondo singultare il cuore, nè nel bene nè nel male.
 
Sono una barca nella corrente. Non una zattera nè un tronco, ma uno splendido bialbero con la carena bianca e il tek lucidissimo. Con i bronzi perfettamente lucidi e con un intero equipaggio in una immacolata uniforma bianca e assolutamente pronto ad ogni evenienza. Ma comunque in balia della corrente. Dettaglio un po’ perchè non voglio si pensi che sono in balia della corrente per un qualche stato di necessità o inadeguatezza. Non sono incapace di oppormi ai flussi e tracciare una rotta, non mi mancano nemmeno i mezzi. Io sono nella corrente per scelta inconsapevole. Mi ci sono trovato.
 
L’immagine di me ammetto non è delle migliori. In una società in cui si rimarca costantemente l’idea di scelta, di decisione, di consapevolezza, noi indecisi inconsapevoli ne usciamo abbastanza devastati. Non ci scelgono mai per vendere i profumi “Gator il profumo per l’uomo indeciso”; “Tribol l’essenza per il maschio inconsapevole”. Eppure noi indecisi per scelta, noi volenterosi disillusi siamo credo la spina dorsale della società, i questori dell’equilibrio. Io nella vita ho avuto tutto. No forse tutto no, ma tanto si sicuramente. A 18 anni ho avuto una automobile che volevo, non un’automobile. Un’automobile che volevo. Una macchina che avevo valutato e scelto. A 21 dopo soli 3 anni avevo una mini cooper nuova 24 mila euro senza nemmeno fare in tempo a dire “…vorr…”. Che puff l’avevo sotto il sedere, e non era venduta da sola, ma aveva in dotazione sempre una splendida ragazza. Una volta stavo guidando con la mia macchina nuova, la mini rossa con il tetto bianco, verso pozzuoli. Avevo accanto una splendida ragazza. Aveva un vestitino bianco di cotone che la fasciava totalmente, aveva capelli neri mossi, occhi scuri, e carnagione scura, una borsetta rossa e un caldo odore di miele e abbronzatura, quell’odore salmastro e caldo. Guidavo con un po’ di musica, era il secondo appuntamento, quando un po’ di vento entrò dal finestrino. Lei ebbe un brivido e le si inturgidirono i capezzoli, visibilissimi da quel vestito. La guardai, li guardai lei mi guardò, e scoppiò a ridere, mi eccitai e se ne accorse, e senza interrompere in alcun modo il silenzio, fatto di sguardi e sorrisi, si chinò gentilmente su di me, mi slacciò i pantaloni e mi fece un pompino mentre guidavo. Fu una delle 7 volte in vita mia che sono venuto con un pompino.
 
Ecco come sono stati i miei 20 anni. Una lunghissima strada, percorsa al tramonto estivo, tra il Vomero e Pozzuoli, verso un bar sul mare, guidando una mini mentre una splendida ragazza mi faceva un pompino. Ovviamente con musica in sottofondo.
 
A 20 anni mi sembrava davvero interessante che la vita avesse scelto per me. In fondo non aveva sbagliato un colpo. Ero nato nel lato giusto del mondo e nell’emisfero giusto. All’interno di questa élite facevo parte di una ulteriore élite. Papà direttore generale, mamma dolce e dedita. Nobile di famiglia, case in montagna (una sugli appennini, in Abruzzo e l’altra sulle alpi in Sud Tirolo), casa di proprietà con con camera vista golfo di Napoli, cameriere, baby sitter, scuola privata, università con feste annesse e viaggi nei 5 continenti (in tutti e 5). Insomma io era quel fottuto 0,075% del mondo, del genere umano, della specie, che rientrava nella definizione di “ricco”. Cazzo vi rendete conto? Un ottimo giro iniziale di roulette. Io signori la mia lotteria l’ho già vinta. C’è gente che gioca per una vita il lotto, guardando con trepidazione i numeri della estrazione e sognando di avere grazie alla vincita anche solo un quarto di quello che io già possedevo il 24 aprile del 1982 venendo al mondo alle 6 precise di mattina. La vita aveva scelto bene per me, e Dio, non avrei mai voluto smettesse di scegliere per me.
 
Ero felice? Beh sissignore lo ero! O forse no. Per la verità avevo conosciuto l’infelicità abbastanza presto nella mia vita. Forse appena sviluppata la ragione. Mi concentravo più sulle cose brutte, su quelle che andavano storte piuttosto che su quelle belle. Una macchinina rotta mi faceva pensare di più di una macchinina appena regalata, nuova. Al liceo, una scuola privata di snob dove quanto valevi, veniva interpretato dai compagni in maniera letterale e dove non ci si chiamava compagni ma “amici di classe”, una classe agiata, sviluppai uno smodato amore per lo scrivere. Ho sempre scritto, sempre da che ne abbia memoria, ma al liceo scrivevo di più. Scrivevo perché avevo bisogno di ricrearmi uno spazio per essere io senza me. Io senza me significava io nudo, io senza la variabile fortuna, io che decidevo, l’esito della pagina bianca e chi essere nei ricordi e nei progetti….