frase del giorno

scritto da sanfedista il 30 maggio 2012,16:34

 

 

 

 

Ricordati che sei vivo, e non lo sarai per molto

 

 

 

 

 

 

Vogliono abbattermi

scritto da sanfedista il 27 maggio 2012,20:57
La società americana per cui lavoro, dopo circa 4 anni presso di loro da “consulente”  in tutto e per tutto uguale a un dipendente (orari, ferie, presenza in ufficio…) mi ha chiesto, vista la riforma del lavoro e per avere maggiori cautele, di aprirmi una società così da fatturare ad essa. Altrimenti saranno costretti a non rinnovarmi la consulenza semestrale. Sto riflettenfo sul dafarsi. Questa che segue è la lettera ideale che mi sono scritto, come se parlassi con un mio amico e sarei felice un giorno magari di rileggerla a mio figlio.
 
 
 
Vogliono farmi aprire una società dopo tanti anni di precariato da consulente, per salvarsi ancora una volta, magari “disimpegnandomi un po’ dal lavoro che faccio ora, rallentando e non venendo in ufficio tutti i giorni”.
A me non piacciono queste cose, voglio fare una cosa e farla bene, metterci tutto me stesso e lavorarci con passione. In ritirata io non ci vado. Piuttosto crepo in piedi. Perchè sai cosa mi ha insegnato la vita, per quel poco che la conosco? Che ci sono 7-8 momenti cruciali in un’esistenza ed uno deve farsi trovare pronto. Il resto riempie.
Bene io credo che questo, ne sono sicuro, sia un momento cruciale. Uno di quelle situazioni in cui si vede la stoffa, in cui si pesa il tuo valore o la tua inadeguatezza. Non so quale sarà la decisione che prenderò, ogni via nasconde sempre una lama, ma qualunque essa sia sarà perchè l’avrò voluta, non perchè era il male peggiore, non perchè “altrimenti come si fa”. 
 
Mi ricordo una volta mi diedero un tema sul coraggio. Scrissi una lunga serie di parole evocative, senza punti. Volevo dimostrare che avevo coraggio nel far valere le mie convinzioni e le mie visioni e avevo il coraggio di osare. La mia professoressa mi fece notare che coraggio non è incoscienza, io le feci notare che se fossi stato incosciente avrei consegnato un foglio bianco. Presi 8, ed è una storia che ancora si racconta alla mia scuola. 
 
Sono così, spigoloso, ruvido, alle volte provocatore o temerario, mai incosciente però. So cos’è la fatica e quanto sia prezioso un lavoro. Il problema è che lo sanno anche loro. Loro non sanno però che io dormo poco, fumo e sono coraggioso. Non sanno che non mi abbattono perchè scrivo. Non mi intristiscono perchè inventerò una storia allegra da raccontarmi. Non mi incutono terrore perchè io non temo la morte e non temo l’amore e quindi non temo null’altro.  Non mi vinceranno con il timore reverenziale, perchè sono stato addestrato a stare con persone più grandi, più colte e più potenti di me. Non mi faranno sentire inadeguato o in torto, perchè conosco i miei diritti e se non li conosco li studierò fino a perdere diottrie sui fogli. Non mi trufferanno, perchè sono stato curioso una vita per non farmi truffare, cercando di capire sempre di cosa si stesse parlando, per non essere liquidato con paroloni o concetti fumosi; conosco il peso delle parole, la complessità dei concetti ed i tranelli della retorica. Non mi compreranno perchè costo troppo e tutti questi soldi, anche se volessero, non li hanno. Non mi faranno sentire solo, perchè io amo, ho sempre amato e sono circondato da persone splendenti (creTio). Loro non sanno che sono orgoglioso quando scrivo il mio nome e il mio cognome perché non l’ho mai speso per una raccomandazione o per un vantaggio. La mia firma quindi e preziosa e l’appongo solo quando voglio farlo. Loro non sanno che la psicologia inversa non funziona nemmeno più con mia nipote di 3 anni. Non sanno che non ho paura di piangere perchè per me ogni cicatrice è medaglia. Se anche quindi provassero a scassinarmi con tutti gli stratagemmi possibili fallirebbero poichè se non c’è una toppa non ci può essere un grimaldello. Perchè la vita mi appartiene e nessuno può darmi un calcio e spingermi in una direzione.
 
Io come sai non amo le cose semplici e anche questo loro non lo sanno. Però sono adattabile e conosco esattamente tutto ciò che c’è di superfluo nella mia vita. Non ho paura a rinunciarvi, perchè se il giorno non ti basta e la sera non hai luce, accendi una candela: vedrai un mondo che danza e sarai felice lo stesso. Inoltre, cambio rapidamente le mie esigenze e trovo piaceri in cose così infinitesimali che tu nemmeno puoi averne idea. Scorgo il miracolo della vita nella teoria ordinata delle formiche e potrei guardarle per ore con lo stesso divertimento che mi suscita il 3d al cinema. Potrei stare sul bus ad ascoltare i racconti perchè amo l’uomo più di ogni altra rappresentazione. Amo il vento e da qualche parte, ogni tanto v’è n’è sempre un po’, non mi serve quindi la Porsche cabrio 911 carrera 4 blu che sognavo per sentire i capelli scompigliati, così come mi piace. Potrei mangiare , poi, pane e stracchino ogni sera e comunque sarei felice e se non potessi più viaggiare,  – questa cosa mi dispiacerebbe parecchio – bene, leggerei racconti di viaggio inventando con la mente i profumi dei luoghi. Possono quindi anche cercare di affamarmi e impoverirmi, ma non priveranno il mondo del bello e non mi impediranno mai di amarlo. 
 
Tutto quello che ho di prezioso lo porto nella mia testa e nel mio cuore e dato che non è uno scrigno, perchè tutto condivido e nulla nascondo, non può essere forzato. 
Andrò avanti correndo e mi girerò solo quando sarò su, io non perderò Euridice…
 
Amico mio stai sereno che anche se il mare è in tempesta il ponte regge.

 

Frase del giorno – domenicale

scritto da sanfedista il ,11:33

 

 

 

 

Considerate la roccia da cui foste tagliati, la buca della cava da cui foste cavati.

Isaia 51:1

 

 

 

 

 

 

 

frase del giorno

scritto da sanfedista il 24 maggio 2012,11:27

 

 

 

 

 

 

 

Qui quasi cursores vitae lampada tradunt

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con Iko Iko di sottofondo

scritto da sanfedista il 23 maggio 2012,23:46

Tutto il caldo del sole racchiuso in una stanza, un ventilatore lento fa sussultare appena alcuni fogli sulla scrivania in legno scuro. Un forte odore di vaniglia, mosche in spirale interrompono come coriandoli neri il fascio di luce che entra dalla finestra. Un fucile da caccia ben lustro, l’FBI che ti controlla fuori dalla finestra che guarda uno spicchio di Idaho, così diverso dalle Key. Il ghiaccio si scioglie nel bicchiere vuoto. Diventerà presto acqua tiepida. Ti rompe i timpani il suono di barriti in savana e di obici in trincea. Solo un ossiessione: il fresco e finalmente il silenzio. Nostra Signora delle Nevi è perfetta, è il luogo che riassume i tuoi desideri. Il biglietto da pagare pesa 36 grammi di piombo, che irrompono rapidi nel cervello. Un lampo come un orgasmo e la testa si reclina.

 

 

 

 

 

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frase del giorno

scritto da sanfedista il 22 maggio 2012,15:43

 

 

 

 

 

 

 

Age quod agis

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma non noi

scritto da sanfedista il 21 maggio 2012,12:34

Ieri tutto è perfetto, tutto è compiuto. Uso un presente che non rispetta la consecutio, ma oggi è corretto, perché vive ancora. Una volta tanto non ho un fegato come quello dell’anatra della Dordogna, pronta per il foie gras.

Ti amo di un amore stupido. Il più bello. Il motorino ieri per le strade notturne sembrava una corrente marina. Al passaggio tra la gente s’apriva un’ onda, clacson e abbracci con sconosciuti. Ieri notte la capitale, Napoli, era stanca di gioia ed il suo popolo era bellissimo. Ieri non ho dormito, ho controllato su wikipedia se avevano aggiunto la coppa al palmares: puntuali. Stamattina in treno bastava uno sguardo. Tra noi e gli altri. Ho preso un treno che andava a Venezia. Ma bastava un occhio per dividere i napoletani dal resto. Sul volto dei primi, inarcuato un piccolo sorriso involontario . Ma anche una particolare cura nell’apertura del Mattino, sfogliato lentamente, come una carta al poker o un testo sacro in unica copia.

Tutta crolla intorno a noi ma, ieri notte, stamattina, non noi. 

 

 

 

 

 

 

 

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Scelte non risolutive

scritto da sanfedista il 18 maggio 2012,11:42

 

 

 

 

 

 

…e voi preferireste essere sbranati da una tigre o da un coccodrillo? Messi alle strette che scegliereste?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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frase del giorno

scritto da sanfedista il 15 maggio 2012,16:02

 

 

 

Nessun ricordo è completamente sincero

 

 

 

 

 

 

 

La vita di un tale Harald

scritto da sanfedista il 9 maggio 2012,18:09

Il pavimento a scacchi del salone obbligava Harald a prestare la massima attenzione a dove metteva i piedi. Il suo cervello gli indicava di porre i passi solo sulle mattonelle bianche. Ogni movimento quindi era soppesato e valutato attentamente. I suoi occhi fissavano il pavimento con lo stesso cipiglio con cui quelli di una signora valutano i cocomeri al mercato. Ogni brava donna, in verità ogni bravo essere umano a prescindere dal genere, ritiene di essere in grado di selezionare attentamente i cocomeri migliori da acquistare. Tutti hanno un loro metodo, un loro luogo di tastatura della cucurbitacea. Ogni macchia gialla o nera è un indizio, ogni rumore, tonfo o secco, un messaggio che fa propendere per la scelta o lo scarto. In caso di dubbio, qualsiasi dubbio, si contatta l’eventuale accompagnatore, che ben felice di applicare la propria metodologia di scelta consiglierà quale tra i vari è quello da comprare. Mediamente le persone trascorrono più tempo nella scelta dell’acquisto di un melone piuttosto che nella valutazione sull’acquisto di un cellulare, nell’assunzione di un medicinale o nella stima d’impulso se si trovano o meno innanzi a un decoroso partner per una gita o per una vita. La scelta di un melone tra l’altro è l’unica azione socialmente accettata che un maschio può compiere al mercato. Quasi ci volesse la freddezza di un uomo e la sua capacità di rompere il traccheggiamento, prendere il coraggio a due mani e caricare l’agoniato frutto estivo in auto. In realtà poi il melone si scopre essere buono o meno solo all’assaggio. Dipende dal caso. Harold non lasciava nulla al caso. Il suo cervello friggeva di terrore nello sfiorare solamente una mattonella nera. Per lui era del tutto normale. Doveva raggiungere la sedia, ma la via era aguzza. Sotto le mattonelle scure si celava probabilmente una atroce lava o un diabolico veleno, o qualsiasi altra metafora che il cervello gli suggerisse per vestire di assurdo e incomprensibile la sua reale motivazione, il suo reale sprone. Perché in verità Harald odiava, ma non lo sapeva, non avere le situazioni sotto controllo.

Si caricava quindi di regole che potessero normare ogni singolo accadimento. E così il tappo della vasca andava staccato con la sinistra, la sveglia andava messa alle sette e ventitré e qualsiasi calciatore che avesse crossato esattamente all’altezza della linea d’aria del portiere sarebbe incorso in una qualche mastodontica ira divina. Come per il resto, in questo caso la sua regola gli aveva impedito il nero. Gli era proibito. Claudicava quindi incerto sul bianco. Passo dopo, passo in avanti. Come un pedone su una scacchiera. O come un alfiere? Harald incominciò ad essere soffocato da questo dubbio. “E se invece fossi un alfiere? Dovrei allora muovermi in diagonale.” Avanzando coi pensieri, che a questo punto lo martellavano, e rimanendo assolutamente immoto con il fisico, si disse che se fosse stato un alfiere non sarebbe mai stato in grado di muoversi in avanti, nemmeno per un mezzo passo. Perché l’alfiere semplicemente non può farlo. Doveva per questo essere per forza un pedone. Non era alto e robusto come una torre, non era raffinato come un re e neppure femmineo come una regina. Era un pedone. Discorso chiuso.

Rinfrancato dalla considerazione riprese a camminare con maggior vigore, quasi che la divagazione scacchistica gli avesse fatto superare l’ansia del mattone nero. La sicurezza però durò solo per pochi passi.  Scorse infatti una mattonella bianca scheggiata e stuccata con una calce ambrata. La purezza era indubbiamente compromessa. Quella non era una mattonella bianca. Probabilmente lo era stata, in un lontano passato o ieri la questione non cambiava. La mattonella scheggiata non era bianca. Fece per muoversi al lato ma si ricordò di essere un pedone. I pedoni, come sanno anche i principianti del gioco degli scacchi, non si muovono lateralmente. Piombò in un buio panico. Di nuovo. La situazione stava velocemente degenerando. Si trovava come al centro di un letto di un fiume in secca, proprio nell’istante in cui avevano aperto la chiusa a monte. Sentiva l’aria arrivare e tra poco sarebbe stato invaso anche dall’acqua. Sarebbe finito travolto. Era solo. Al centro della sala, circondato da mattonelle nere e con l’unica mattonella bianca a portata di passo, irrimediabilmente scheggiata. Sono questi i casi in cui è importante mantenere la calma. Si ripeteva in testa, lo scenario, come se fosse un mantra. “Allora io non posso toccare le mattonelle nere ma solo quelle bianche, sono un pedone, quindi non posso che muovermi avanti, né a lato né dietro né in diagonale, ma davanti a me c’è una mattonella bianca scheggiata, quindi non è una mattonella bianca, non è una mattonella bianca, non è una mattonella bianca, non è una mattonella bianca…ma nemmeno nera!”. Esclamò a voce alta con l’allegria di chi viene a capo di un garbuglio. La questione non era però risolta. Va bene che non era nera però non era nemmeno bianca.”E se non è né nera né bianca significherà che dovrò starci in equilibrio su un piede solo.” Così fece e la soluzione risultò soddisfacente. “Ben fatto Harald”. Si sarebbe stretto la mano, se la qual cosa non gli avesse fatto perdere l’equilibrio. Di lì fu facile: la mattonella bianca successiva risplendeva integra, e raggiungerla con un saltello fu impresa minima.

La sedia si avvicinava sempre di più. Una bella sedia imbottita. In velluto rosso e scheletro in oro. Cardinalizia. Harald sentiva già il sollievo alle gambe finalmente libere dal suo peso. Il morbido tessuto sotto le terga e il sostegno saldo alla schiena. Un perfetto angolo retto avrebbe di lì a breve ospitato il bacino e la schiena. Perfetto perché l’angolo retto è quello più indicato per ospitare un uomo seduto. Certo però non sembrava poi così pulito quel panno rosso. Harold odiava la sabbia e quindi la povere. La sabbia è così, come la polvere, rovina le cose. La sabbia di mare ti fa affondare fino a un certo punto poi l’alluce semplicemente non riesce a scendere oltre. E poi te la ritrovi nei costumi, nelle tasche, nelle scarpe e continui a toglierla dalla macchina fino all’inverno.  Harald proprio non amava la sabbia. Si accumulava in massa sulla spiaggia, senza che apparentemente nessuno ce l’avesse messa. Anzi, la gente la portava via, il mare la mangiucchiava, però anno dopo anno sempre lì sul lido. Harald pensava che il governo di notte lanciasse sabbia sulle coste. Aveva sempre bisogno di una spiegazione e quando non la aveva poiché la sua visione del mondo era parziale inventava delle scorciatoie e ci credeva fermamente, difendendo la sua teoria in pubblico.  Rischiava in questo modo di risultare pazzo. Ma a ben guardare Harald era pazzo. Un pazzo ortodosso. Un pazzo prevedibile e ortodosso. Condizionato dalla regolamentazione personale degli accadimenti. Harald tra l’altro era anche parecchio egotico. Ma il suo egoismo era una spinta necessaria di auto preservazione darwiniana. “Ci sono regole, caro mio. Ed è importante che le persone le conoscano. Ci sono cose che non si possono fare ed altre che si devono fare. Elimina il “voglio” dalla tua vita, vecchio mio, ed avrai trovato il segreto della felicità. E peggio per chi non lo sa”.

Harald non amava particolarmente i colori. Beninteso non li ripugnava, ma li trovava fuori ordinanza. Civetterie per persone originali. Il grigio andava più che bene in ogni situazione. Dalla automobile al gilet. Il grigio è l’equilibrio, un po’ di bianco e, sì, anche un po’ di nero. Aveva però una vastissima gamma di grigi: Grigio chiaro, grigio ardesia, grigio asparago, grigio the verde, grigio ardesia chiaro, grigio argento, grigio talpa, grigio verde, grigio platino e addirittura grigio rosso chiaro. Ovviamente erano tutti colori autorizzati e decodificati nel catalogo come “gradazioni ufficiali di grigio”. Dio non volesse che avesse scelto, seppur tra i grigi, un colore non autorizzato e predisposto.

Harald sapeva che la vita è predisposta. Non era uno stupido. Sapeva bene che seppur le nostre volontà andrebbero verso altro, le nostre scelte devono assecondare la nostra realtà attuale, senza sovvertirla. Harald ricordava bene cosa successe al comandante di un battello di un vecchio documentario. Lo aveva stampato in mente. La corrente spingeva ad ovest e lui doveva andare ad est. Azionò i motori al massimo ed era fermo al centro dell’istmo con i motori che, seppur a piena potenza, contrastavano semplicemente la forza uguale dei flutti. Fermo controcorrente e col motore con i giri al massimo. Che figura per quel comandante. Quando vide quel documentario provò vergogna per quell’uomo e si coprì la faccia proprio come quando al cinema succede qualcosa di imbarazzante per il protagonista.

Com’è banale l’essere umano quando risponde agli stimoli. Ad esempio reagisce ad un pericolo solo, e ribadisco solo, attuando tre possibili azioni:  s’immobilizza, fugge o attacca. Mai che sotto assalto o in imminente pericolo si cantasse a squarciagola. O si saltellasse a destra e a sinistra eccitati. “Con comportamenti strani, senza regole, Harald mio non porterai a casa la pelle, le reazioni devono essere quelle, perché quelle hanno consentito all’essere umano di arrivare fino al duemila”. Diceva la mamma; un’accorta donna di specchiata moralità e mortalità. In genere a questa frase la donna accompagnava anche “Harald, gli impegni si mantengono perché le persone si aspettano da te che tu faccia fede alla tua parola. E pazienza se hai cambiato idea, le persone si aspettano da te quello che non possono ottenere senza di te. Altrimenti non confiderebbero in te. Il bene degli altri è tendenzialmente superiore al tuo. E tu hai meno bisogno di te rispetto a quanto gli altri abbiano bisogno di te”. Harald reagiva a queste parole con serenità. Era felice di non essersi indispensabile. Rientrava nel suo egoismo, nel suo modello di egoismo, un egoismo militante e altruistico per induzione materna. Perseguiva, Harald, le sue scelte perché erano già state prese.

Harald, meditabondo aveva camminato ancora per un po’ e quasi era a portata di mano della sedia. La quale non appariva più così invitante. Anzi a guardarla bene sembrava fosse stata oggetto nel corso degli anni di scarsa manutenzione. Non sapeva esattamente cosa s’intendesse per manutenzione di una sedia. Però la manutenzione era imprescindibile e andava applicata a qualsiasi cosa. Dal Jumbo Jet che passava sopra casa alle 17.44 alle sedie nei saloni.  Senza manutenzione tutto è perduto. Le cose non vanno fatte consumare. Non si devono logorare e se logore vanno prontamente mantenute. Ad esempio se una gamba di una sedia traballa vanno comperati gli appositi feltrini. E e se per caso la commessa preposta alla vendita dei feltrini fosse di cattivo umore e non raggiante, Harald si sarebbe interrogato sul motivo per ore. Non per filantropia, ma perché temeva che forse il suo solito modo di porgere i contanti, un po’ stropicciati al lato, l’avesse turbata in qualche modo. Spinto da quest’ultima considerazione Harald raggiunse il posto e si sedette.

La sala intanto si stava riempendo. Harald per la prima volta dopo giorni riuscì a rilassarsi, la conferenza sarebbe partita a breve. L’argomento era il suo preferito. Erano sei mesi che consumava il programma della giornata, ormai ridotto a pezzo di carta tipo iconografica mappa del tesoro. Harald, disteso, rilassato, con il suo globo totalmente e finalmente sotto controllo, dopo essersi accertato che non intralciava la vista a nessuno, si disse: “Finalmente incomincia la conferenza, la mia conferenza tanto attesa, sull’unico argomento per cui provi passioni ovvero: Considerazioni su…”. Un boato di assi rotti ammantò la stanza. Un sordo rumore di croccante, come patatine giganti masticate da immense fauci riempì inesorabilmente e in maniera assordante l’aria. In questa confusione solo un urlo gridato a squarciagola:  “Alfiere mangia pedone, in D5!!!”. Un immenso Alfiere mangiò Harald, che si era seduto esattamente dove non avrebbe dovuto: in D5. Ma lui non lo sapeva ed il caos come sempre diede forza di sé, riportando ordine con disordine. Perché in fondo la cosa che fa brillare gli occhi ai bambini, Harald incluso, è quando il treno deraglia e non quando inchiodato procede dritto sui binari.