L’arte del resistere.

scritto da Sanfedista il 28 dicembre 2007,18:45

Emile Wauters: The Madness of Hugo van der Goes, 1872. Royal Museums of Fine Arts, Brussels

Il termine resistenza mi ha sempre molto affascinato. Il suo significato ha espanso la sua forma fino a raggiungere le feste.

In questi giorni fatti di piccoli lussi concessi, di albe vigorosamente raggiunte, di insalubri consumazioni, l’umana specie mi è apparsa resistente alla festa. I miei simili nella quotidianità festiva mi rimandavano all’immagine di garruli studentelli, costretti, ad una mostra di Hugo Van der Goes (per gli incliti: pittore fiammingo; "inclito": colto. L’autore ha utilizzato l’aggettivo chiaramente in forma sarcastica).

Naturalismo applicato a visioni fantastiche ed inqueitanti; questa che potrebbe essere una ottima definizione di taluna pittura fiamminga trova una perfetta adesione alle immagini che ho notato tra le stade.

Esseri umani (anche qui sarcasmo), mugolanti, zoppicavano per le vie fatte fiume. Le vesti, ricovero per il sudore; le mani, invase da pacchi con prodotti la cui scadenza era suparata solamente dall’intrinseco cattivo gusto; gli sguardi, da forzati del riposo, da resistenti alle feste. Un truce carnaio di dannati; una cortina difesa da partigiani, da soldati che non accettano di soccombere alla festa.

Una piccola guerra per gli altri, una linea che unisce due punti per me; non che consideri la festa pari alla giornata comune, ma cerco di ricoverarmi nell’unico privilegio che il riposo concede: il tempo. Vivo il trascorrere del periodo come una diritta linea sulla quale ci si possa adagiare, come un segmento che collega due periodi e che cela nell’infinità dei punti da cui è formato un invincibile segreto che non mi interessa svelare, ma di cui ho certezza dell’esistenza.

L’arte del resistere è fatta di lentezza di cinismo e di purissimo egoismo, di cappotti a doppio bottone e di sguardo finemente altezzoso. L’arte del resistere è tramutare l’ansia in docile pensiero con la forza del tempo.

L’arte del resistere è dichiarare la resa incondizionata per la propria superiorità schiacciante. Ci si arrende per vincere, per sorridere del gli altri e fare un piccolo passo indietro.

Un quadro di Van der Goes si comprende ad una prossimità di un metro, si ama facendo tre passi indietro…

Ma sì. Buon Natale!

scritto da Sanfedista il 22 dicembre 2007,18:24

Dovrei parlare della disperata corsa all’acquisto, della folla, della crisi (apparentemente inesistente se si pensa che i ristoranti erano tutti con una fila di almeno mezz’ora), della fine della spiritualità, dell’Italia sempre più zoppa…Non ce la faccio, voglio staccare almeno per questi tre giorni.

Poi se dal primo gennaio da Napoli a Verona voleremo Air France, manco fosse Marsiglia-Lione, se dal 2008 gli sitipendi saranno sempre più divisi in rate da pagare, se l’oroscopo (inorridisco) darà ancora la Patria agli ultimi posti in Europa, se gli spagnoli compreranno la fiat ed i greci rileveranno il Sanpaolo…pazienza, scaveremo una trincea più profonda, rabboccheremo la fiaschetta, ricaricheremo la carabina ed aspetteremo il fischio del capitano per andare incontro alla sorte. Siamo Italiani, ci siamo abituati, ci risolleveremo, magari ci sarà una rivoluzione, magari una secessione, una tangentopoli II, magari troveremo il petrolio nel ferrarese, non lo so, non voglio pensarci, non ora, ora è Natale e ce lo dobbiamo. Se ha ancora un senso questa festa, e lo ha, dobbiamo cercare di sorridere il più possibile e dare il meglio di noi agli altri. Stereotipi natalizi? Ne abbiamo bisogno.

Amici, che dirci se non Buon Natale!

Sinatra: Santa Claus is coming to town.

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Quattro cinesi. Compagni?

scritto da Sanfedista il 21 dicembre 2007,19:21

Piccolo intervento di colore alla ripresa del blog dopo sostituzione computer.

Ieri sera ho avuto 4 ospiti cinesi a cena. Rettore università Shanghai e 3 professori.

Ho scoperto un piccola primizia: il termine "compagno", tanto amato dai nostri comunisti patri, in Cina è a dir poco obsoleto. Hanno tutti riso con fragore quando gli ho chiesto se qualcuno si appellasse più con "compagno". Mi hanno detto che è roba da anni sessanta, da giacche con i colli alla "Mao", hanno aggiunto che oggi il termine compagno definisce "l’essere omosessuale". Ho cercato nel dizionario della Lonely, è così. Chissà che amarezza per i vari Bertinotti, Mussi, Dilibert(i) e compagni…

 

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Pena di morte.

scritto da Sanfedista il 18 dicembre 2007,18:52

E’ di pochi istanti fa la notizia che il pittoresco e tranquillizante carrozzone delle Nazioni Unite ha approvato la moratoria sulla pena di morte.

Non ho mai amato la pena di morte. Non ho mai pensato potesse essere una soluzione. Le questioni che supportano le mie convinzioni sono essenzialmente due: quella morale, marginalissima, e quella, più consistente, funzionale.

Le questioni morali sono dettate da una generica etica "cavalleresca"; con la pena di morte si uccide ad armi impari e questo uno Stato non può farlo se non perchè drammaticamente minacciato.

In guerra si uccide per salvaguardare, si uccide poichè sarebbe irrealizzabile una detenzione massiccia. Ma questo è un altro discorso.

Tornando a bomba sull’argomento, mi dilungo nel motivare perchè la pena di morte non garantisce la funzionalità. La pena di morte non credo sia satisfattoria nei confronti delle vittime, sono morte, ma asseconderebbe un rabbioso spirito dei familiari: lo Stato deve garantire ordine, non vendetta. La pena capitale, inoltre, non attua alcuna forma di rieducazione, badate, uso il termine "rieducazione" che prescinde da un eventuale reinserimento, perchè com’è strutturata consente al detenuto di trovare, paradossalmente, nella morte quasi una sorta di liberazione dalla drammatica ripetività della vita in cella.

La soluzione è una: i lavori forzati.

I miei studi giuridici mi hanno portato alla conclusione che un soggetto nel momento in cui compie un crimine contrae un debito con la società. L’unico metodo per ripagare un debito è con il lavoro. Credo sarebbe più satisfattorio e funzionale imporre al detenuto, che si è macchiato di un crimine, un dato periodo di lavoro obbligato. Il periodo sarebbe commisurato alla gravità del reato, si andrebbe, così, dai pochi mesi all’intera esistenza.

Le famiglie troverebbero certamente una maggiore soddisfazione nel pensare che colui che le ha offese, per il resto della sua vita, dovrà alzarsi alle 5 del mattino e spaccarsi la schiena fino alle 5 della sera, senza alcuna possibilità di sconto. In Italia abbiamo risorse non sfruttabili a causa del costo, elevato, della manodopera; bene, si potrebbero impiegare i detenuti; lavorerebbero in miniera, alla manutenzione stradale, alla bonifica ambientale e via dicendo.

Il detenuto, d’altrocanto potrebbe nel lavoro trovare una consapevolezza e, forse, una redenzione, sarebbe, così, meglio rieducato. Crollerebbero, poi, i costi per il mantenimento dei carcerati, poichè verrebbero finanziati con il lavoro dei detenuti stessi. Insomma la certezza del lavoro: faticoso, massacrante, ma sacro per definizione, servirebbe molto di più al sistema che una prosepttiva di morte per iniezione letale.

Temo però che il solo pronunciare "lavori forzati" faccia saltare sulla sedia parte della politica italiana, che per rieducazione intende "permesso premio" e per reinserimento "indulto".  Amarezza finale.

 

Semplicemente musica d’inverno.

scritto da Sanfedista il ,15:55

Se "la vita è uno stato mentale", come ebbe a dire qualcuno, il pomeriggio di Dicembre è certamente fioca lentezza, è pensiero poco applicato tramutato in nuvola. E’ musica, è Schubert certamente; lo è nel "piano trio".  E’ istante, poco dopo il fulmine poco prima dello scroscio.

Musica d’Inverno, lieve sinonimo di leggerezza elettrica smarrita nella nebbia. 

 

Yukio Mishima, il mio cenacolo ideale pt VI

scritto da Sanfedista il 16 dicembre 2007,18:12

1925-1970, scrittore.

" Il fiore per eccellenza è il ciliegio, l’uomo per eccellenza è il guerriero"

Moravia, affascinato, disse che Mishima era un "conservatore decadente". Yukio Mishima fu il primo raggio di sole nascente che illuminava il secolo più complesso che il Giappone avesse mai conosciuto. Inondò pagine con una perfezione sovrumana, ogni muscolo del suo corpo, curatissimo, era irrorato da un lancinante patriottismo. La sua mente, un legaccio che lo incatenava alla tradizione imperiale.

Formò un esercito, esaltò uno stile di scrittura, fuse il suo essere in tetralogia, scrisse come guidato dal Kendo. Morì con l’antichissimo rito del seppuku, il taglio del ventre, innanzi alle telecamere di tutto il paese, accorse per riprendere l’occupazione di una caserma da parte di Mishima stesso e dei suoi uomini. Ogni centimetro con cui la lama violava la sua carne, allontanava Mishima, non dalla vita, ma da quello che non poteva più essere il suo mondo. Morì come fece morire il suo personaggio in un film. Morì in un giorno denso di significato, onore concesso solo da una sorte benevola o da un’attesa fatta di lucida scelta, curata come a chudere un libro prezioso evitando di far pieghe. 

France footbal.

scritto da Sanfedista il 14 dicembre 2007,13:50

Mi diverte come Domenech critichi costantemente gli altri, in particolare l’Italia. Di oggi è la notizia che, a detta del ct transalpino:"La scelta di Capello come ct dell’Inghilterra è un fatto grave […]il fatto di andare a cercare un ct all’estero non è positivo". Beh, detto da lui la cosa mi fa sorridere, basti vedere l’immagine sopra per comprendere che forse è più grave andare a cercare calciatori per la Nazionale all’estero, no? Francesi…

Ci mancavano i Simpson.

scritto da Sanfedista il 13 dicembre 2007,21:09

Premetto che ritengo che i Simpson siano una meravigliosa boccata d’aria. Premetto che i Simpson siano a loro modo un lampo di genio.

Stavolta però la TV l’ha fatta grossa, troppo. La cosa è passata inosservata ma la scelta di Mediaset di programmare i Simpson alle venti è il colpo finale. Per chi? direte voi. Per gli adolescenti, che se prima rischiavano di seguire un telegiornale adesso sono spacciati. Continua l’instupidimento da parte dello Stato "democratico" nei confronti dei suoi cittadini. Mettere i Simpson alle venti significa distogliere parte, una grande parte, della fascia di pubblico in età formativa dai notiziari. Avremo sempre di più giovani assorbiti dall’effimero e privi di una reale percezione del mondo. La cosa forse può sembrare ridicola: i Simpson affondano la meglio gioventù. Non avrei mai sognato di poterlo scrivere, ma ormai non mi stupisco più di me perchè non mi stupisco più del mio Paese e delle scelte che vengono operate e lasciate correre.

Rileggo quello che scrivo. Mi sento un drammatico e vecchio censore…vi tranquillizzo, non sono nè vecchio (198X) nè censore.

Nota di colore; stasera per cena: scampi ed una bottiglia di Alto Adige Riesling Renano, mezz’ora di essenziale vanità culinaria. 

La Democrazia, fallimento.

scritto da Sanfedista il 12 dicembre 2007,14:05

"Lasciate che la gente creda di governare e sarà governata". W. Penn, primo amministratore della PENNsylvania, fondatore di Filadelfia ed ispiratore della Costituzione Statunitense.

Se scrivessi solo questo avrei spiegato il fenomeno.

La democriazia è oggi a tutti gli effetti una sorta di dittatura, ma non ha della dittatura la rapidità di esecuzione dei dispositivi e la certezza di chi detiene il potere. La democrazia oggi è una dittatura dei consumi; sappiamo quando e come dobbiamo comprare, abbiamo una tredicesima da spendere in un prefissato periodo dell’anno, abbiamo degli periodi, socialmente obbligati, per le vacanze.

Fare la democrazia ci costa perchè essere eletti costa, dobbiamo avere soldi per giungere in parlamento. In America, che è da sempre quello che saremo noi dopo 20 anni, bisogna farsi finanziare la campagna elettorale trovando partner economici; una volta eletti bisognerà rispondere a loro per primi. Chi detiene allora il potere? I mezzi di produzione, quelli che poi ci obbligheranno a consumare.

La democrazia ha fallito, perlomeno in gran parte dell’occidente, perchè è quasi impossibile nel 2007 nascere povero e diventare ricco; era possibile forse 30 anni fa, oggi no. Le classi sono sempre più definite e per emergere il merito non basta, anzi meno domande ti poni più sei comodo e fai carriera. La democrazia in Italia porta avanti una meritocrazia inversa, si premia chi non emerge chi non propone idee ma fa il portavoce di qualcuno.

La democrazia in Italia non esiste, perchè c’è immobilismo sociale ma anche distanza tra gli elettori ed i rappresentanti.

Il rappresentante in democrazia dovrebbe sentire fortissime su di lui responsabilità e dovrebbe chiamare "onorevoli" gli elettori. In Italia ci si relaziona ai rappresentanti con ossequio, timore reverenziale, sottomissione, proprio come accadeva in epoca feudale.

In Italia la democrazia ha fallito perchè la televisione ci costringe lentamente a smettere di pensare per poter essere più facilmente gestibili. La nostra vita ha un prezzo, vale di più tra le 20 e le 22, perchè ci hanno insegnato che a quell’ora dobbiamo stare davanti alla tv. Ci hanno addestrati così bene che sono sicuri che compreremo qualsiasi cosa ci proporranno, lo facciamo.

In Italia la democrazia non esiste perchè i giornalisti non fanno una seconda domanda, fanno la prima e poi lasciano scorrere il comizio. L’editoria non è indipendente, proprio come nella dittatura, ma si finge che ci sia il pluralismo. Un po’ come nella russia sovietica dove a mosca c’erano due giornali, di cui uno non diceva la verità e l’altro la diceva ma raccontava fatti di nessun peso. Bene in Italia abbiamo due blocchi che dicono solo verità addomesticate.

La democrazia ha fallito perchè le minoranze contano di più della maggioranza, con il falso mito della tutela siamo in pugno di tassisti, notai, camionisti, assicurazioni, mussulmani e via dicendo. E’ un meccanismo inceppato che limita ogni tipo di riforma per tutelare una parte minoritaria ma preziosa latrice di voti. In dittatura non v’è il problema del voto quindi si può ragionare più facilmente per il benessere della maggioranza.

Non c’è libertà perchè non siamo liberi di comprare un’auto senza un antifurto, circolare liberamente nelle nostre città a qualsiasi ora. Non c’è libertà perchè questa democrazia non garantisce la sicurezza. Si preferisce premiare i colpevoli, tanto gli innocenti sono persone tranquille e non contano un cazzo.

La democrazia genera mostri; gli italiani, in massima parte non meritano il diritto di voto, perchè se si chiede ad un adolescente di parlare di Ideali finirà per parlare di soldi o calcio. Questo è il frutto della scuola che ha tentato per anni di privare di critica i soggetti. Le ideologie sono state combattute utilizzando l’arma del terrorismo.  Abbiamo avuto gli anni di piombo in cui lo Stato democratico ha distrutto gli ideali, trasformandoli in pericolosi veicoli di guerriglia. Non a caso dopo gli ani settanta sono arrivati gli ottanta, la Milano da bere, lo yuppismo, il socialismo in bretelle e l’etica della Ferrari.

La democrazia è quanto di più ipocrita esista, si crede di poter decidere per il futuro della Nazione ma in raltà si è solo voti da estorcere, da indultare.

Il totalitarismo non promette libertà ne promette l’autodeterminazione, la cosa grave è che la democrazia lo promette ma non lo garantisce.

Amo il totalitarismo perchè sono una persona che odia chi mente, odia chi ha sempre una risposta su tutto e ne esce sempre pulito. Il totalitarismo non da risposte, il totalitarimo giunge a conclusioni e ti obbliga palesemente a seguirle. E’ il "palesemente" che amo, è la certezza di sapere che è così perchè c’è un dittatore, non sentirmi dire che è così perchè ci sono 315 senatori, 630 deputati e svariati consiglieri regionali, provinciali, comunali, circoscrizionali da me eletti che cercheranno di fare il mio bene. Non ci credo, non è così. 

 La democrazia ha fallito perchè la democrazia è sempre aggettivata: è cristiana, è di sinistra, è popolare e via così; la democrazia è marketing è un DOC che si appone sull’etichetta per qualche voto in più, per tranquillizzare, per sedare, per dire: "tranquilli siamo democratici".

La democrazia ha fallito chi sostiene il contrario si faccia avanti, so come avere a che fare con chi mente…

Non posso privarmi di te…

scritto da Sanfedista il 10 dicembre 2007,16:14

Non so staccare il mio pensiero da te, ti ho sentita pochi istanti fa, eri a casa immersa nei tuoi stupidi programmi pomeridiani. Mi fanno male i pensieri tanto che pesano sul mio collo e la corsa è il privilegio di chi può avere tempo da guadagnare, il mio tempo è da perdere ed i secondi, immoti, mi dicono che dovrò strusciare tropppe ore prima di afferrare il tuo braccio. Non dovrei poter consentire al tempo di essere così crudele, mi possiede perchè mi lega a te nell’attesa. Ed ogni istante è appendice di un fotogramma lentissimo, fontana zampillante ghiaccio. Grondo di te.

Il sogno è il desiderio fatto bugia. Solo tre colori, potrebbero tingere d’immenso una vita. E noi continuiamo a rallegrarci del grigio e a Respirare, Respirare, Respirare, Respirare, Respirare…senza soffermarci, senza soffiare, senza sapere che in ogni respiro è celato un profumo…bizzarrie…