Evviva la Guerra!

scritto da Sanfedista il 11 settembre 2007,17:25

Era "argentea pioggia che monda" per il Vate il sollievo. La metafora potrebbe essere tranquillamente applicata anche alla guerra. Mi innesto semplicemente nella tradizionale esaltazione della guerra, non sono solo, sono in attraente compagnia. Sun Tsu, Marinetti, Omero ed intere civiltà fatte di uomini hanno creduto che la guerra fosse il principale innesto per elevare gli spiriti della razza umana, mi sorreggono nel discorso. Apparirò anacronistico, reazionario, probabilmente esaltato. Accetto solo uno degli aggettivi precedenti; non sono né fuori dal tempo e neppure contrario all’azione, esaltato forse sì, ma dello spirito che anima le cose, della forza che genera il dinamismo, dello slancio vitale (bergsoniano?). Perché riabilitare la guerra? Perché criticarla è stupido quanto cercare di coltivare con il sale un campo. Il mondo nel quale abbiamo la sorte di vivere è un mondo che lentamente sta sciogliendosi su se stesso, la civiltà trova le risposte nei consumi, per consumare bisogna essere in pace. Bisogna essere sereni, avere una coperta calda ed il tempo di assaggiare l’ultimo surgelato (che orrore). Il mondo occidentale non ripugna la guerra, la tiene lontana dai mercati fruttuosi. Il mondo moderno coccola la guerra la esporta e ne fa un mercato. Quindi ridicolo è godere dei diritti di una società in pace, quando il benessere derivante dalla stessa è anche frutto della guerra. Accettiamola. La guerra nel corso dei secoli ha regalato alla società molto di più di quanto poteva fare la pace.  Le invenzioni militari si sono rivelate fondamentali per il vivere civile, l’aereo a reazione, lo studio dei materiali, la tecnologia satellitare e lo sviluppo delle comunicazioni, sono regali della strategia militare, le classi politiche, intendo le migliori, sono figlie delle privazioni della guerra, della frustrazione dell’oppressione, la Costituente italiana è praticamente erede edipica della dittatura e della battaglia. Gli anziani delle comunità, ricordando con dolore la guerra, ne esaltavano al contempo i valori che essa trasferiva alla sua gente; solidarietà, cura del prossimo, sobrietà e morigeratezza. Paghiamo più ora alla democrazia ed alla pace di quanto pagammo alle guerre, senza purtroppo ricevere i medesimi benefici. La morte, oggi, non presenta il suo conto in un’unica soluzione, lo centellina giorno dopo giorno. Il benessere fatto di consumi nocivi, corsa alla ricchezza, per ottenerne di nuovi, rende marcia una società, avvelena i giovani che ricorrono agli dei contemporanei perché oramai privi di valori reali. Non è mai successo che il vecchio continente fosse privo di una guerra per così tanto tempo, il risultato, non mi sembra esaltante; il consumo, la parola stessa indica il logorio, erode ogni giorno risorse, e la popolazione aumenta a dismisura, s’accalca, si imbestialisce. E’ linfa nuova è l’unica igene del mondo (Marinetti) è un’arte. La battaglia rompe il velo dell’ipocrisia, sveglia le coscienze, riaccende la brama di vita dell’uomo e ne esacerba  l’ingegno. La Democrazia stessa che ripugna la guerra non sarebbe stata senza la guerra, senza un gruppo di borghesi che insorti in Parigi decisero di rovesciare il regime, senza un gruppo di coloni che decisero di affrancarsi da uno Stato per fondarne un altro ove potessero respirare libertà, la stessa che preservano negandola ad altri. La guerra non è null’altro che il nostro spirito di autoconservazione, e quando giunse Gesù, conscio che ogni evoluzione debba passare per una rivoluzione, proclamò “Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra; non sono venuto a portare la pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera, e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa. Chi ama il padre o la madre piú di me, non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia piú di me, non è degno di me. (Mt 10, 34-37)” e quando fui Cresimato il Sacerdote mi disse che ero diventato un soldato di Cristo, non un missionario, un soldato.

In conclusione, seppur disgustosa l’immagine della morte che piomba cieca portando dolore, bisogna assumere il concetto che ci è data la pace, possiamo essere pacifisti, solo perché in un altro luogo c’è una guerra che ce lo consente che ricama la nostra libertà (presunta) con il fuoco della mitraglia, che lo stesso fuoco è stato inchiostro per le costituzioni ed alimento per le popolazioni.

 

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