Oggi a pranzo

scritto da sanfedista il 19 giugno 2011,19:08

Mia nonna mi ha detto con tono spregiativo “Come sei borghese”. Non nel senso di insulto che fanno i socialisti, ma è un insulto dall’alto. Da parte di una nobile. Ho sorriso, ho fatto due passi indietro mentali ed allora ho riso. Sì sono molto, davvero molto borghese.

 


…tuffo…

scritto da sanfedista il 14 giugno 2011,15:51

Prese un unico grande respiro. Ingoiò letteralmente più aria che poteva. Due passi e volò giù dalla scogliera. Il mare piatto d’agosto lo accolse bruscamente. Non fece in tempo a sentire lo stomaco che gli saliva su per l’esofago, che l’acqua lo riportò ad uno stato di primigenia calma. Riemerso si sistemò i capelli immediatamente, e con tre o quattro bracciate raggiunse la piccola spiaggetta di sassi che il mare aveva ricavato con forza in un’insenatura. Cercò una posizione comoda, spostò qualche sasso e si stese. Il sole e un filo di vento lo accompagnarono dolcemente al torpore del sonno.

 


ma buongiorno

scritto da sanfedista il 17 maggio 2011,10:22

Prima mattinata insolita. Alle 8.00 avevo un appuntamento in Via Barberini, credo davvero utile, molto utile anzi. Alle 8.30 ero in Taxi per raggiungere il lavoro all’EUR- Il tassista dopo un po’ mi fa con tipica voce omossessuale da stereotipo, v. “il vizietto”, “Io la ho già accompagnata, non è la prima volta che ci vediamo”, si mette male io gli faccio “ah non ricordo, per che tragitto?”, lui risponde pronto “Via Bixio – Eur”, bingo! e aggiunge “un bel ragazzo così mica lo scordo”. Sorrido e non rispondo. Passato il primo sconforto per il complimento inatteso alla fine me ne compiaccio. Stamattina sono davvero bello, abbronzato, magro, con un paio di pantaloni beige e una camicia azzurra. Il mondo è decisamente mio.

 


 

 

Aperitivo sul 714

scritto da sanfedista il 5 maggio 2011,23:15

Il sanfedista nonostante il blasone è costretto a prendere i mezzi pubblici. Ogni tanto l’intervalla a taxi, come per interrompere una terapia e svuotare la misura.

Il 714 è un carnevale. Una roulette russa. Una terza classe del Titanic appena sbarcata nel suk di Tunisi. E’ un posto splendido. I mezzi però sono vetusti, traballanti, rumorosi e si rompono. Superare la circonvallazione ostiense, venendo dalla Cristoforo Colombo, è di fatto come uscire dalle colonne d’Ercole, se prima il percorso era sicuro, dopo, il mezzo logoro dai chilometri macinati dal capolinea del basso EUR, inizia a perdere inevitabilmente i colpi. Alle volte ce la fa, a fatica chiude e apre un paio di volte le porte, come per incamerare più aria o darsi coraggio e riparte. Oggi ha tirato il suo ultimo rantolo meccanico esattamente sopra le terme di Caracalla. Ore 18.54. Per me l’uscita dall’ufficio alle 18 è un diritto inalienabile. Oggi a causa di lavori inutili ed avvilenti per chi come me ha grandi capacità, trattavasi di redigere lettera di ringraziamento a politici da parte del mio AD, sono dovuto permanere di più alla scrivania.

Sceso con la velocità di una lucertola mi sono visto sfilare un 714 davanti agli occhi. Ho preso il successivo erodendo ben 12 minuti al mio tempo. Preziosissimo.

Il mezzo sin da subito non dava grandi garanzie. Chi li usa spesso dai primi metri riesce a distinguere se il bus ce la farà o no. Il presentimento era nefasto. Le marce ingranavano male ed ogni tanto si spegneva e riaccendeva l’obliteratrice, pessimo segno.

Dicevamo, per tirarla breve, che superata la fermata di circonvallazione ostiense, che divide i cauti dagli audaci, il pulmann si pianta. Fermo, secco, inerme come un pezzo di Lego.

Si aprono le porte scendono tutti e colgo bestemmie in tutte le lingue, perchè è il tono che fa la bestemmia. Subito dietro un 671, per me assolutamente inutile, che però raccoglie gran parte dei passeggeri naufragati diretti magari alla metro Re di Roma.

Rimaniamo in 9. Un sacerdote, due studenti, extracomunitari vari, un professionista ed un osservatore. Io.

Ci saranno stati 20 gradi, un sole obliquo che scompariva lento dietro il colle. Un po’ di vento che brividiva leggermente i capelli. Un fruscio di auto di passaggio ordinato ed un silenzio estivo. Il primo silenzio estivo dell’anno. Ho sorriso e con un occhio ho guardato la circonvallazione ostiense, con l’altro mi sono spinto immaginariamente fino a Porta Metronia. Ho guardato di nuovo il sole all’occidente che s’intravedeva ormai tra le fronde delle piante esotiche di un vivaio che fa angolo e mi sono sentito felice. Una felicità piena, senza invidia per nessun altro.

Una felicità completa. Sono stato felice di essere felice di innamorarmi ancora delle piccole felicità che la vita ti nasconde sotto minutissime pieghe. Quelle felicità che ti danno la consapevolezza che nulla è davvero mai perduto, che tutto si può ricostruire, che non esistono obblighi, che noi siamo padroni della nostra vita perché noi respiriamo con i nostri polmoni e se i programmi erano diversi la vità prima o poi cambierà corso e si adeguerà alle nostre scelte. Un 714 si romperà ovunque nel mondo e qualcuno si risintonizzerà su se stesso in maniera imprevista.

 


Qualcuno mi ha detto che…

scritto da Sanfedista il 10 settembre 2009,15:56
…piccole stille di felicità puoi intravederle tra le pieghe di un tiramisù, se stringi un po’ l’occhio le scovi che, scivolate via da amorevoli mani, si sono insinuate docilmente tra il savoiardo e la crema. Pronte a migrare nel tuo stomaco, recando così gioia istantanea e dolce ricordo da sfiorare, con papille magari.




Il 105 arriva fino al cimitero…

scritto da Sanfedista il 21 maggio 2009,15:09
Una persona anziana alla fermata del bus mi fa:"quanto tempo che ho buttato nella mia vita ad aspettare i bus, se mi fossi sposata Domenico non sarebbe successo, lui magari mi faceva prendere la patente e mi regalava la macchina, quanto tempo ho trascorso a questa stessa fermata, ne avessi cambiate, oggi mi lamenterei meno. Non lo so magari avessi aspettato bus a Cartagena o a Auckland, ma  pure una volta a Capri, alle terme a Chianciano, invece no, sempre solo questa disgraziata fermata e sempre lo stesso pulmann, i modelli so cambiati, prima erano rossi ora gialli ma il numero no il 105, pensi che arriva pure al cimitero".

"Provi a cambiare modo di prenderlo allora" ho risposto io "si piazzi in mezzo la strada e si lasci travolgere così entrambi avremo una ragione di sollievo".


Sentimental
questa notte infinita,
questa sera autunnal,
questa rosa appassita.

Sentimental
come un bacio perduto,
sentimental
come un dolce segreto.

Sentimental
come un sogno incompiuto,
come questo saluto
che il cuore sa dar, sentimental.





 

passeggiar con mary…

scritto da Sanfedista il 2 aprile 2009,17:09
Qualcuno pure diceva com’è bello passegiar con Mary -ad onor del vero diceva correttamente-:


Oh, com’è bello passeggiar con Mary
Mary ti sa rallegrar. (o ti sarà letal)
Anche quando è un giorno dei più neri,
Mary il sole fa spuntar.




Oggi qui c’è il sole e anche se il laghetto dell’Eur non custodisce  pinguini camerieri ed il Luneur (ex lunapark) pur avendo una giostra con cavalli è ormai fallito da circa un anno io mi sento un po’ come se stessi passeggiando con Mary, non tanto perchè ho deciso che gli allucinogeni possono essere una risposta definitiva a tutte le fiacchezze della vita -in barba al multicentrum- ma perchè sono sicuro che una volta fuori da questo ufficio la gioià mi attanaglierà, perchè la noia che si prova nell’aspettare una mail che non arriva è paragonabile solo alla noia che certamente vi sarà nel leggere il contenuto della mail che aspetti…e t’abbandoni a vecchi ricordi di pomeriggi universitari in cui appena ti annoiavi alzavi un telefono, prendevi un motorino e raggiungevi qualcuno…

La cosa bella dell’università era che c’era sempre, dico sempre, qualcuno da raggiungere….

oh, com’è bello passeggiar con te, Bert,
raro per davver sei tu.
Anche se il tuo aspetto può ingannar, Bert,
scorre in te del sangue blu.
Sei l’uomo più simpatico del mondo,
la buona grazia è tua specialità.
Sei il solo che mi da serenità
e un dolce senso di tranquillità.
Oh, com’è bello passeggiar con te, Bert.
E’ tanto bello passeggiar con te.

la democrazia del semaforo

scritto da Sanfedista il 23 febbraio 2009,17:15

Particolare divertente. Oggi sono a Napoli -il mio peregrinare incessante tra la capitale e partenope è quasi finito, dal 9 comincio il mio nuovo lavoro in Roma- e camminando per la strada ho notato seguente scena:

Giovine sulla 20ina che apostrofava miserabilmente uomo sulla 50ina, per beghe legate al traffico regolato da luce semaforica. Il Giovine appellava l’uomo con ogni genere di improperie, umiliandolo innanzi a nutrita folla. L’Uomo -tassidermizzato- subiva passivamente la gragnuola di insulti che lo attingevano, non mostrando altro sentimento che non fosse inadeguatezza di reazione.

Bene dov’è il punto, mi direte voi.

L’uomo è celebratissimo und temutissimo chiarissimo professore di Diritto Costituzionale dell’Ateneo Federiciano, Ateneo nel quale mi fregio di aver conseguito laurea in Giurisprudenza e professore che mi esaminò qualche anno fa con tracotanza e spocchia senza pari.

Per qualche istante ho sognato di essere io quel giovane, non per un’insana rivincita, l’esame si concluse con un dignitoso 26, ma per il puro piacere di godere della tipica scena del pesce fuor d’acqua. Lui senza gli assistenti armigeri, senza l’alabarda, il voto sul libretto, senza lo scranno massimo s’accorgeva di come il suo potere, seppur sconfinato all’ateneo, naufragava sul rosso di un semaforo.

L’ho visto qualche istante cercare con gli occhi qualche usciere, magari passante, che lo cavasse via dall’impaccio. Nulla, solo un lavavetri divertito.

Io non so chi avesse ragione, ma il semaforo è una democrazia dell’urlo alla quale tutti devono adeguarsi, magari avrà pensato: "avessi avuto l’auto blu non sarebbe mai successo".

Ed ecco che mi spiego il piacere dell’utilizzo di quel veicolo: il poter esser dittatori anche ai semafori, che altrimenti sono spietata livella.

Nel prossimo post pubblico per la prima volta un mio scritto passato inerente l’esame che sostenni con il citato professore.

Gemelli

scritto da Sanfedista il 18 novembre 2008,19:07

Avrei voluto essere diverso, mi sarebbe piaciuto riuscire ad impegnarmi ad ascolatae di più ma non riesco. La mia attenzione nei confronti degli altri si ferma ad un misero 20% del discorso. Mi spiego, quando parlo con il 90% delle persone mi interesso solo al 20% di quello che dicono, il rimanente 80% semplicemente non lo seguo, penso ad altro e va bene così.

Mi sono impelagato in discussioni di percentuali ma tabellerò per una maggiore comprensione:

Percentuale di persone poco interessanti 90%
Percentuale di mia attenzione prestata a persone poco interessanti 20%
Percentuale di persone interessanti 10%
Percentuale di mia attenzione prestata a persone interessanti 80%
Attenzione media ai discorsi 32%

 

Nel rimanente 68% del tempo cosa faccio? Oggi riguardavo i gemelli della mia camicia e pensavo che forse la cravatta sarebbe stata meglio lilla.

C’est la vie.

Ultimo treno

scritto da Sanfedista il 10 ottobre 2008,19:52

Oggi ero in stazione, il crocevia di destini per eccellenza. Passeggiavo lungo la banchina di un treno che si accingeva a partire, vedevo la gente che s’affrettava con strane movenze e più m’avvicinavo alla fine del binario più si concretizzava un’idea: aspettiamo finchè il treno non si muove e vediamo la faccia di quello che l’ha perso…

Cinico e con tempo da perdere.

Dopo qualche falsa speranza, una donna con pacchi e un militare, che proprio all’ultimo sono saliti, ho visto il capotreno che imboccato il fischietto dava l’agoniato segnale e montava in vettura. Ecco! Il prossimo sarebbe stato il mio uomo.

Pochi secondi dopo la chiusura delle porte, quando ormai nulla avrebbe potuto fermare l’eurostar, vedo spuntare dall’angolo signore sessantenne in giacca e cravatta con trolley al seguito.

Procedeva con il miglior passo che il suo fisico gli concedesse, sudaticcio e più che paonazzo boccheggiava alla ricerca dell’ultima stilla d’aria, quella che gli avrebbe consentito lo sprint finale.

Alla vista del treno fermo per qualche istante ha tirato un mezzo sospiro, ha rallentato un po’ il passo e, sono sicuro, ha pensato che fosse fatta.

No! Il treno ha cominciato a muoversi, lui non l’ha percepito subito, ma qualche millesimo di secondo dopo. CRACK!

Repentino cambio dell’espressione, sudorazione interrotta e smorfia di dolore. In quel secondo il suo volto esprimeva rabbia contro se stesso, contro l’umanità – sopratutto quella contenuta dal treno- e contro Dio, poichè non facendo piovere folgore sul traliccio stava consentendo al treno di partire.

Sembrava quell’ultimo occidentale che perse il treno da Saigon, qualche ora prima che i vietcong entrassero in città…

Pareva aver perso l’ultimo battello utile per slacciarsi da una nave in fiamme.

Ho sorriso e dopo avergli lanciato un ultimo sguardo divertito, ho innescato i miei piedi in direzione di casa.