labirinto

scritto da Sanfedista il 6 febbraio 2009,14:53

E lei prese la via del labirinto, schiuse il cancello che cigolando le aprì il percorso. Mentre si inoltrava nel labirinto pensava a tutto quello che era stato, ad un’estate -maledetta- ad un bacio su un divano in veranda. Pensò ai dubbi, all’amore che riempiva lo stomaco, a lui che sembrava davvero quello giusto, quello per cui a un po’ più senso tornare a casa la sera. Ma proseguì ed allora una lacrima scese ma si perse, nel labirinto non c’erano stregatti…solo siepi molto alte, ma pur sempre siepi, non muri. Aumentò il passo ed in poco tempo si perse al centro del labirinto. "Un gambero, ecco, un gambero, con il suo passo ci siamo allontanati". Stringeva forte tutto quello che l’aveva spinta li dentro, ma lui l’amava e non avrebbe mai fatto nulla per perderla. La porta del labirinto si schuse nuovamente ed altri passi sui rami secchi cominciarono ad udirsi…

La paura di aver sbagliato tutto di non poterne più uscire la convinse a trovare la fuga dal labirinto per potersi chiudere la porta alle spalle e sigillare tutto in quel groviglio di siepi per sempre. Ogni tanto sbagliava strada, ma il sole non si muoveva e quindi i punti cardinali erano incerti. A pensare che l’errata valutazione di indizi l’avevano spinta li dentro sarebbe impazzita.

Lui entrato nel labirinto proseguiva molto più lentamente, cercando tracce lasciate, chinandosi ogni tanto per trovare in un ramo spezzato, in una scia di profumo, in una sigaretta spenta un segno della su presenza. Ed intanto pensava a quanto amore stava perso dentro quel labirinto…ed quanto dolore alberga in un labirinto. Aveva cercato di fermarla la sera prima, aveva cercato di farle capire che non v’erano labirinti ma percorsi, ma lei l’indomani mattina non c’era più, ed il letto unito non aveva più una scopo. Lui ispirato da tanto amore non aveva trovato le parole ed ora una bocca secca gli impediva anche di urlare.

Lei si era seduta a riposare su di una panca di pietra ed allora cominciò a ridere per tutto quello che era stato.

Lui in un altra parte lontanissima aveva fatto lo stesso, pensando al futuro però.

Lei allora intuì dietro un angolo una piccola luce, alzata si mosse e vide l’uscita…

Io non so come questa storia sia poi realmente finita, non so se lei presa l’uscita abbia lanciato un ultimo sguardo e poi abbia chiuso la porta, non so se lui all’ultimo l’abbia raggiunta e baciata, io non so se lei come gambero abbia fatto qualche passo indetro e l’abbia trovato perso al centro del labirinto e preso per mano l’abbia condotto con lei fuori. Io questo non lo so e Dio solo sa quanto vorrei saperlo.

So solo che un amore che si decide di interrompere è una porta sbarrata su un possibile futuro, e so anche che lui -me lo aveva confidato prima di partire per la ricerca- non aveva mai amato tanto, ma so anche che la perfezione si costruisce non si ottiene e che valutare semplici errori come crimini impone una cieca convinzione, che è da evitare in caso di così tanto amore…

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Sentire.

scritto da Sanfedista il 20 gennaio 2009,19:50

Ed il mio cuore si molce le volte che ti penso,

ritrovo me stesso zuppo e la mia gioia si fa gioello…

in un istante il corpo campo di battaglia,

che tu fuoco io paglia

la vita che sbaglia, che dice: è una donna

rispondo: è la mia

e in un palpito m’acquieto

degrado la voce, sussurro: è un segreto…

che non si urli il trionfo che non si sveli il gioiello

(naufragio, tranello)

che scintilli solo col riverbero dei miei occhi

e che poi venga riposta in scrigno

d’amore sanguigno,

e che a me stesso consegno…

Kazimir Malevich, Bianco Su Bianco, 1918, Museum of Modern Art, New York.

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Lo specchio Magico.

scritto da Sanfedista il 6 gennaio 2009,17:37

Lo specchio magico di Stilly io non lo ho. La ricordate Stilly? Era un cartone con una di quelle sigle con quei testi pieni di paroline dolci, magari si rischiava pure di imparare un costrutto lessicale un po’più complesso di quello che ci propone il testo dei cartoni moderni.

Ditemi che non è vero, ho usato la parola "moderno"! Si vede che il Sanfedista sta iniziando ad essere un vero reazionario.

Tornando allo specchio magico -le valutazioni anagrafiche sono da bandire (secondo voi quanti anni ho?)- vorrei averne uno, non lo utilizzerei mai, chiariamo, lo donerei in modo da permettere alla persona omaggiata di poter guardare realmente dentro gli individui, così da trascorrere notti più serene e magari di farle trascorrere parimenti serene anche agli altri.

                                                                       

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Ruvidezze, come sono.

scritto da Sanfedista il 4 gennaio 2009,16:54

In realtà potrei forse essere un reazionario clericale, forse sono un po’categorico, alle volte avventato. Tiro tardi, mi piace compiacermi delle situazioni malinconiche che vivo, edonista di sicuro, provocatore quando ne ho l’energia, altrimenti conformista per pigrizia. Riesco a fare sempre tre passi indietro, però, per guardare il mondo da prospettive diverse, cerco sempre di comprendere profondamente gli altri e indulgo su me stesso quando è necessario.

In amore non so, credo di dare molto, penso che quando sono innamorato lo sono così tanto da apparire tollerante fino all’indifferenza.  Tollero perchè amo e credo che solo con la libertà più ampia si possa compiere una scelta vincolante.

E’ come trovare le chiavi della prigione, entrare e dare doppia mandata; questo è l’amore per me.

Sono curioso, cerco sempre buone letture, ma non disdegno quelle mediocri, leggo dai significati delle bandiere del mondo ai romanzi di Saul Bellow o John Dos Passos.

Amo nelle canzoni alcune piccole parti, mi innamoro di alcune sfaccettature, magari anche dell’intonazione di una sola nota, tendo a riascoltarle anche per un pomeriggio intero.

Pigro al punto di stancarmi nel vedere gli altri affaccendati.

Disperato cultore di aforismi, del Napoli Calcio, di Napoli, della mia donna, che è la mia musa innanzitutto.

La velocità mi rilassa, credo che più si accelera e più il confine tra lo scopo ed il mezzo si sublimi, fino a cristallizarsi in un attimo di assoluto in cui la velocità è sinonimo di onnipotenza divina, diventa la capacità di dominare il tempo, di gustarlo.

Così anche la lentezza. Raramente indosso orologi, il mio rapporto col tempo è una comunione forzata, mi ammansisco alle lancette solo quando non potrei fare altrimenti. Ma è sempre un tempo imposto dall’esterno, o per motivi di lavoro o per armonica convivenza con un altro essere umano. Fosse per me il tempo sarebbe solo  una frusta, o uno scrigno di dolciumi da cui trarre ricordi per bearsi. Passati dolori o trascorse gioie hanno lo stesso gusto perchè me ne servo quando ne ho bisogno. Li scelgo attentamente.

Vivo con energia per riempire il serbatoio di rimembranze e per poter fantasticare sul futuro, di cui non parlo mai qui, perchè il sogno nel futuro è la sola cosa davvero personale che abbiamo, il presente ed il passato per quanto celato sono comunque di dominio abbastanza pubblico, già il fatto che li abbia già affrontati li degrada a porzioni di vita minori.

Mi si dice che non si riesce mai a possedermi nella mia totalità, c’è sempre una scheggia che sfugge e non fa tornare i conti. Lo vivo come un insulto che qualifica chi lo fa. Credo che per contenere una persona più che prenderne il passato bisogna rubarne un po’ di futuro, perchè solo sul futuro si può avere un dominio, quindi è condividendo i progetti per l’avvenire che l’armonia si compie, il passato di ognuno è di mole così ampia che nessuno mai potrà spiegare tutti i sassi che hanno composto la strada.

Sto imparando molto in questo spazio della mia vita e lo devo anche a chi mi sta intorno ed a chi mi ama. Riconosco sempre i meriti di chi mi circonda. Ed ora chi ho accanto ha meriti enormi. Vive con la lievezza di un raggio di luna, trema ed ha la fragilità del cristallo, ha occhi che balenano e una parte scura nella quale rifugiarsi. Sa sempre dove è nascosto il segreto della vita e delle cose che la compongono, è schietta e volenterosa nell’affrontare i giorni. E’ legata a me perlomeno quanto io sono legato a lei. E più le nostre visioni si allontanano più i nodi che ci legano si stringono; mi dimentico spesso se quello che pronuncia sia stato io a trasmetterglielo oppure mi suona familiare perchè è stato lei ad insegnarmelo.

Ruvidezze che danno spessore ad un’esistenza tra tante, ma unica come tutte.

Rileggo ed il presupposto del titolo che recitava egotico "Come sono", andrebbe mutato in "Amore ti spiego un po’ come sono", ma non lo cambierò, perchè tu tanto lo sai già…ruvidezze…

la gente ha bisogno di parole d’amore. Una frase che ricorderò per sempre…

scritto da Sanfedista il 9 dicembre 2008,22:31

La gente ha bisogno di parole d’amore, c’è bisogno di dolcezza. C’è bisogno di sentirsi amati, di darsi dolci baci, di sorprese, di novità in ogni istante. Le persone hanno bisogno di frasi sussurrate all’orecchio, di lievi dita che accarezzano la pelle. Di progetti da costruire e gioie da dividere, di mani giunte e ombrelli da condividere quando piove, di tornare a casa e trovare un sorriso.

Non potrò mai dimenticare una delle frasi più commuoventi che lessi su un sepolcro in Puglia; era una coppia che dopo una vita passata insieme riposava accanto, per condividere anche l’ignoto, che aveva, in questo modo, deciso di legarsi per sempre. Tutte le volte che ci ripenso ancora il mio cuore si scioglie in commozione, l’epitaffio sulle tombe era, più o meno, il seguente:"Qui giace mia moglie, come sempre fredda”. Epitaffio sulla tomba accanto: “Qui giace mio marito, finalmente rigido!”. E subito accanto un’altra tomba, con un frase incisa evidentemente dal marito della defunta:"Ella non voleva che la mia felicita’. La sua morte l’ha ben provato." Che cuore colmo di gioia, che dolcezza.

Ah l’amour…

9 volte su 10

scritto da Sanfedista il 7 dicembre 2008,22:27
Tu mi sfuggi. Non riesco a classificarti, non riesco ad afferrarti. Posso indovinare le persone nove volte su dieci; a seconda delle circostanze posso prevedere le reazioni -quelle nove volte su dieci- dalle parole o dai gesti, posso riconoscere le pulsazioni dei cuori. Ma al decimo tentativo rinuncio. Non ci arrivo. Tu sei il decimo tentativo.
E’ lì, al decimo tentativo, che è nascosta la vera felicità, quella guadagnata, quella scoperta come il cioccolatino dietro la finestrella del calendario dell’Avvento.
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Amore e dubbi

scritto da Sanfedista il 30 novembre 2008,19:26

Se l’amore non avesse i suoi dubbi, le sue piccole follie, i suoi tarli non si distinguerebbe molto dalla sensazione di fame.

Nella fame abbiamo un’esigenza da colmare e impieghiamo le nostre forze per soddisfarla, una volta palcata, la nostra mente elimina il pensiero.

L’amore pur è un bisogno ma una volta saziato, alcune persone incominciano a ritardare il compimento della gioia che ne deriva. Lo fanno caricando semplici gesti di nefasti significati, attribuendo a proprie sensazioni il crisma della verità assoluta.

Mi accendo una gauloises amici miei, perchè il tema la merita.

I dubbi in amore fanno parte della essenza stessa dell’amore, sono quelle scheggie di sanità che ci imponiamo per non essere sopraffatti totalmente dalla follia. Il nostro ingegno elabora piccoli stratagemmi per cercare di tutelare la nostra ragione. Quando la razionalità, però, strofina troppo sul sentimento, si creano lacerazioni a cui noi diamo il nome "dubbio".

Attenzione, vi sono dubbi fondati, vi sono momenti in cui la verità sta dalla parte della ragione ed il nemico deleterio è il sentimento, in questi casì però i dubbi sono così forti da lambire la certezza, e si sa, innanzi alla certezza non v’è rimedio se non accettarla. Noi qui però si parla di dubbi da corto circuito emotivo, da troppo amore, per intenderci.

Continuando, quando noi si ama troppo ci si tutela in qualche modo, si assegna qualche caratteristica negativa alla persona che amiamo per poter fissare alcune piccole barriere, lanciare un solido ponte sul mare in tempesta. L’errore sta nel perseverare nelle convinzioni anche quando queste si dimostrano così esili da apparire prive di fondamento, cercando di costruire ponti quando il ponte è a portata di mano ed è la persona amata.

L’ignoto solitamente genera incertezze e il salto nel buio, il puntare tutto su qualcosa che non si conosce non fa altro che aumentarle. Io penso, tuttavia, che il vero amore sia un privilegio unico, rovinarlo per sensazioni è un delitto atroce.

Ogni tua esigenza è un mio bisogno.

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La milonga del domingo

scritto da Sanfedista il 26 novembre 2008,00:57

E diede fuoco alla sigaretta che maneggiava da un po’, con l’altra mano lasciò cadere l’accendino nel cappotto, con lo stesso movimento tirò fuori le chiavi della macchina, salì a bordo, accese il motore e dopo un istante i fari, il quadro s’illuminò. Poi i tergicristalli, ingranò la prima, guardò lo specchietto, lanciò uno sguardo ai suoi occhi riflessi e poi partì. Astor Piazzolla alla radio, la cintura stringeva il petto e conteneva il corpo nelle curve che veloci scorrevano sotto il 2.5.

Non è tanto il buio delle strade di notte, a quello rimediano i fari, è il buio che le circonda, quello subito dopo il guard rail. Pensò, scalando in terza.

La sigaretta era volata dal finestrino, lasciando entrare qualche goccia, Piazzolla continuava.

Sarà una cazzo di retrospettiva del tango argentino. Bizzarro, ma chi li decide i palinsesti radio? All’una di notte il tango. Mah.

Un caseggiato in lontananza, superandolo s’accorse che le finestre erano sbarrate ed un cartello di vendita era l’unica nota di colore sull’intonaco irrimediabilmente grigio.

Magari me lo compro con la liquidazione, sarebbe carino abitare su una strada statale dismessa in mezzo all’appennino. Potrei dopo un paio d’anni avere anche la luce elettrica…potrei vivere dei frutti del bosco, farmi crescere la barba e dipingere martirii di S.Sebastiano, anime del purgatorio e quanto di più truce la mitologia cristiana mi offre. 

La strada s’inarcava in tornanti sempre più curvi.

Benzina c’è, ho visto troppi film per farmi trovare senza carburante su una strada di montagna di notte sotto un temporale.

Sorrise e chiuse le sicure.  Accese un’altra sigaretta. Cambiò stazione, ma dopo un giro completo di frequenze la radio lo riportò ad Astor Piazzolla.

E sia.

Ripensò al matrimonio ed a quanto aveva fatto schifo il ragù di cinghiale. Aveva ancora quel disgustoso sapore in bocca, la sigaretta non migliorava. Ripensò a tutti quei pensieri banali che si fanno per tenersi svegli, quei pensieri che alle volte lambiscono l’onirico, quelli che sono esattamente il bagnasciuga tra la veglia ed il sonno, quelli che poi scivoli ancora un po’ e ti trovi a continuarli dormendo materializzati in sogno.

Merda, muretto, muretto, muretto, cazzo, cazzo.

La macchina cominciò a strusciare sul muretto in pietra, un rumore folle e poi stasi. L’aria, l’interruzione. Di nuovo rumore, l’auto rotolò veloce verso il basso, poi di nuovo silenzio.

Crepare con Astor Piazzolla non è male, i tergicristalli vanno ancora, ma ha smesso di piovere…

L’ultimo pensiero a Victor che proprio quel pomeriggio gli aveva confessato nell’orecchio il senso della vita, era un segno.

I mulini li vedi ancora? Dimmi però dov’è il vento. Dimmi però dov’è il vento…

Un colpo di tosse e libertango in sottofondo. Se ne andò via con il vento.

ciliegi

scritto da Sanfedista il 24 novembre 2008,15:10

Nella mia genetica c’è il ciliegio, un colore che piove su di noi, mentre il resto del mondo si copre per l’inverno alle porte. Maggio è in ogni respiro.

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se vedi

scritto da Sanfedista il 5 novembre 2008,19:48

E se vedi, amico mio, che nella vita il sottile bilico lo si percorre equilibrandosi con le piccole gioie. Che in un abbraccio si cela la forza della serenità.

Se noi si desiderasse quello che già si possiede avremmo il sole guardiano dei nostri giorni.

E la scelta di una strada non è un pensiero, è un passo che metti dietro un altro passo e se la sorte t’affavora, t’assiste, magari hai anche la benedizione di chiacchierare camminando.

Ma ad affettare i passi si rischia solo di stancarsi e doversi fermare più tempo per riposare…

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